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A PRIVATE WAR

di Matthew Heineman (G.B., U.S.A. / 2018 / Biografico / 106')

Mercoledì 03 luglio, ore 21.30

Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)

In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.

Recensione

Ispirato dall’articolo scritto da Marie Brenner e pubblicato da Vanity Fair nel 2012 “Marie Colvin’s Private War” il primo lungometraggio di Heineman ripercorre 10 anni di storia del giornalismo internazionale con il giusto approccio che privilegia la sensibilità dell’animo umano e la dedizione al lavoro, a discapito di una narrazione storico-sociale del conflitto. L’attenzione è puntata soprattutto sulla personalità di Marie Colvin, donna dall’animo estremamente sensibile e dalla penna sincera ma tanto assuefatta al lavoro sui campi di battaglia da esserne diventata dipendente. Al Sunday Times dal 1985 Marie Colvin è una donna di quasi cinquant’anni, votata completamente alla sua professione, su cui ha costruito una carriera brillante, sfidando con coraggio leader e dittatori sul terreno delle guerre più sanguinose. Sempre lucida nel raccontare la guerra dalla parte di chi la subisce, ascoltando e riportando i sentimenti dei civili, a livello personale Marie Colvin era una donna profondamente segnata dagli orrori visti in trent’anni di lavoro, depressa, ma allo stesso tempo volenterosa di portare avanti la sua vocazione, a tutti i costi. A Private War è un bel lungometraggio, che con le tecniche del reportage, indaga sulla vita e sull’anima di una giornalista che è riuscita a raccontare la vita delle persone sotto assedio, perseverando in un lavoro che comporta rischi altissimi. Tuttavia Marie Colvin non era una santa da venerare, ma una donna piena di debolezze, con una vita privata a pezzi e una psiche distrutta dai troppi orrori vissuti sulla sua pelle. Incosciente per dedizione ma allo stesso tempo donna dallo stile inconfondibile, anche con una benda da pirata su un occhio, la Colvin incarna un ideale di giornalismo che si sta perdendo a favore di un approccio sempre meno profondo. Quello che risulta più interessante del lavoro di Heineman è la volontà di portare sul grande schermo un esempio di quello che è il mestiere del giornalista, raccontare una verità che si può indagare soltanto andando sui luoghi dove avvengono i fatti, allontanandosi dalla scrivania e riportando le notizie attraverso le voci di chi sta vivendo quello specifico momento.


Fonte: http://www.anonimacinefili.it/2018/11/20/a-private-war/