ANNIE ERNAUX. I MIEI ANNI IN SUPER 8
(Documentario / 2022 / Francia / 61')
Non è un caso che Annie Ernaux, con il supporto e la collaborazione del figlio David, abbia deciso di raccontarsi attraverso un documentario. E non è nemmeno insolito che lo faccia proprio adesso, dopo il successo de La scelta di Anne. L’événement, film di Audrey Diwan vincitore del Leone d’oro alla Mostra di Venezia 2021, tratto dal suo omonimo romanzo e la recentissima vittoria del Premio Nobel per la letteratura. Insomma, il 2022 è chiaramente l’anno di Annie Ernaux. E il suo cinema non poteva discostarsi certo dal suo stile di scrittura. Una scrittura che da autobiografica si fa collettiva, intima eppure universale, e al contempo lucida, precisa, analitica.
Recensione
Annie Ernaux. I miei anni Super 8 conferma ancora una volta “il coraggio e l’acutezza clinica con cui scopre le radici, gli estraniamenti e i freni collettivi della memoria personale” che hanno agito da motivazioni all’assegnazione dell’onorificenza da parte dell’Accademia svedese. Ernaux e figlio partono dai filmini familiari girati dall’ex marito della scrittrice, Philippe, tra il 1972 e il 1981. Scene di vita quotidiana di una famiglia borghese di sinistra, stralci di vacanze estive e settimane bianche, regali di Natale e momenti d’intimità, sullo sfondo di una profonda trasformazione sociale e politica, commentati dalla stessa Ernaux in voice over, in cui l’on letterario, il si impersonale, cifra stilistica dei suoi scritti, si trasforma in racconto di sé in terza persona. A fare da sfondo la Francia di Pompidou e Mitterrand, il Cile di Allende, la Spagna post franchista, Mosca e l’Albania. La Storia collettiva funge da filo conduttore alla storia privata, ne diviene manifestazione sociologica e politica, e viceversa, in un oggettivazione dell’esperienza privata, in cui ogni frammento diviene dato da analizzare, micro particella di una composizione a più ampio spettro. In quest’ottica, la voce di Annie Ernaux che descrive e commenta sensazioni e pensieri suscitati dal susseguirsi delle immagini, non è solo una rievocazione memoriale, ma diviene strumento d’indagine, mezzo attraverso cui riconfigurare significanti e significati di quelle dinamiche personali e storiche che oggi più che mai sembrano strettamente connesse tra di loro. La vicenda privata altro non è dunque che l’espressione domestica di un cambiamento radicale in atto al di fuori delle mura di casa. L’immagine si fa specchio di mutazioni profonde, ma è anche occasione di riflessione sull’atto di riprendere. Filmare significa prendere consapevolezza del proprio corpo nello spazio, della propria esistenza nel fluire della Storia. Ma fermare su pellicola il procedere indistinto della quotidianità implica snaturarne il senso più intimo, immediato, quella fuggevolezza propria della vita, attuando, come afferma la stessa Ernaux all’inizio del doc, una violenza, uno strappo al tempo presente.
Chiara Zuccari, www.sentieriselvaggi.it