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ANORA

un film di Sean Baker
(U.S.A. / 2024 / Commedia / 139')

27, 28, 29, 30* gennaio

* Versione originale sottotitolata in italiano.

Palma d’Oro Festival di Cannes 2024

Anora, detta Ani, è una ballerina erotica americana di origine russa esperta in lap dance, che porta i clienti nei privé offrendo loro servizi extra a pagamento. Un giorno nel locale dove lavora arriva Ivan, un ragazzo russo che pare entusiasta di lei e dei suoi molti talenti. Il giorno dopo Ivan la invita a casa sua, e Ani scopre che il ragazzo vive in una lussuosissima villa, ed è figlio unico di un oligarca multimiliardario. Le cose fra i due ragazzi vanno così bene che Ivan porta Ani a Las Vegas e là le chiede di sposarlo. Ma i genitori di lui non sono affatto d’accordo, e mandano una piccola “squadra di intervento” a recuperare il figlio dissennato.

Recensione

Sean Baker porta fino alle estreme conseguenze il suo discorso sulla deriva oscena del presente. Quella per cui la ricchezza è sinonimo di felicità. “Io sono sempre felice”, continua a ripetere Ivan, mentre getta via i soldi di papà. Ma è proprio così. Ed è davvero questa la felicità per Anora, ciò che vuole? E l’amore? Più di una persona glielo ripete: “lui non ti ama davvero”, “tu non lo ami davvero”.

Per Sean Baker non ci sono dubbi. L’osceno sta nell’arroganza dei soldi, nell’ostentato e sprezzante atteggiamento della moglie dell’oligarca, nella mancanza di responsabilità del figlio. Non certo nel mettere in mostra e vendere il proprio corpo, come fa Anora, che riesce a mantenere una dignità e un’integrità ben più salde del Mickey di Red Rocket. Forse perché ha un orizzonte di riferimento, seppur sbiadito. Anche se si fa chiamare Ani, perché il suo vero nome è troppo uzbeko, troppo legato alla cultura d’origine della nonna, che ha sempre rifiutato di imparare l’inglese. E in America non ha certo senso perdere tempo con le stronzate dei segni, dei significati. Eppure esiste un mondo di nonne, una storia di fatica, di immigrazione, di radici e di legami da non spezzare, nonostante le contaminazioni e gli affanni. La stessa storia da cui proviene Igor, il giovane scagnozzo russo. Che, infatti, è l’unico capace di avere attenzione. Non a caso, dal momento in cui entra in scena, sembra iniziare un altro film. Yuriy Borisov, imponente come sempre, magnetizza buona parte degli sguardi, fino a quel punto monopolizzati dalla bravissima Mickey Madison. Ed è proprio in questa seconda parte che Sean Baker libera la sua storia tra le spiagge di Coney Island e le strade di Brighton Beach. Si lascia andare alle assurdità di un giorno e di una notte perfette per un film di Landis. Fino a sciogliersi in un magnifico, doloroso finale.

Aldo Spiniello, www.sentieriselvaggi.it