BILLY
Giovedì 20 luglio, ore 21.30
Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)
In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.
Recensione
Billy è sempre in cerca di qualcosa – lo è almeno da quando suo padre lo ha abbandonato da piccolo senza lasciare un perché né una speranza di ritorno. A nove anni Billy conduceva un podcast musicale, quasi tutto attorno alla scomparsa di un chimerico rocker, Zippo, sparito durante un concerto dopo aver preso un autobus diretto chissà dove. Ora Billy ha diciannove anni, soffre di attacchi di panico e la sua ricerca continua giorno dopo giorno.
Nell’ordine: tirare fuori qualcosa dalla madre Regina, che siano i soldi per pagare le bollette di casa o un po’ di stabilità emotiva; provare a non farsi buttare troppo a terra dalle storie effimere in cui si tuffa Lena, la ragazza di cui è innamorato; stare vicino al suo migliore amico di otto anni Roberto, che da qualche tempo ha smesso volontariamente di parlare. Billy ha tanto da fare, e la sua vita come quella dell’anonima provincia del nord in cui vive è ora scossa dal ritorno di Zippo, ospite per qualche tempo nella casa-barca sul fiume dell’amico-pompiere Massimo…
Emilia Mazzacurati sa da dove parte e sa dove vuole arrivare. Classe ’95, prima fotografa di scena, poi sceneggiatrice e ora autrice completa con questo esordio pastello e batticuore, Billy, prodotto da Jolefilm e Rai Cinema, evento speciale di chiusura del 41°Bellaria Film Festival e che viene distribuito in sala da Parthenos. Da dove parte: c’era già qualcosa dentro il suo corto Maniche a vento, con quell’orizzonte di provincia marinaresca (qui fluviale), un hotel che cade a pezzi (ora una roulotte) e l’agorafobia incalzante (sempre un respiro affannato, ma adesso sono gli attacchi di panico). Ah, e Benedetta Gris e Giuseppe Battiston, che in Billy diventano la sirena Lena e il pirocineta Massimo.
E poi un certo modo di costruire il tutto, tra l’evanescenza del racconto nella provincia italiana più fredda e l’articolazione delle sequenze attorno a grumi musicali e di movimenti di macchina tanto cari al cinema indipendente americano. Dove arriva: un piccolo film, che non diventa grande ma che nemmeno lo vuole essere, misurato com’è a spanna sulla densità di scrittura e di visione di un’esordiente.
Però si è saputa sostenere bene, Mazzacurati. Ha messo su un cast scegliendo con cura chi sta davanti, chi sta dietro e chi è più defilato, e ha regalato ad ognuno degli attori un momento di cinema: dalla libera e inconsapevole Carla Signoris (Regina) allo ieratico ma volubile Alessandro Gassman (Zippo), dai già citati Gris e Battiston al protagonista Matteo Oscar Giuggioli, un Billy davvero naturale stretto com’è tra naïveté e silenzioso dolore interiore – e poi Sandra Ceccarelli, Roberto Citran, Silvio Comis… Un cast-famiglia così importante per la Mazzacurati. Ogni immagine è costruita attorno a loro e solo a quello.
Della sterminata provincia del nord fatta di campi, incroci stradali e un orizzonte senza punti di riferimento vediamo solo degli spicchi, dei lembi di terra e acqua che annullano il vuoto della pianura con il pieno della loro presenza e delle relazioni che sopra di loro si formano: c’è il quartiere residenziale di villette basse e strade vuote dove vivono tutti i protagonisti, l’argine del fiume su cui è adagiata la roulotte, la casa-barca che fuori sembra piccola e dentro è qualcosa in più. O come quando Billy va a trovare Penelope nel suo chiosco proprio davanti ai binari del treno: solo la chiazza dove stanno loro è illuminata, il resto è buio, il resto non è importante.