BIRD
(Regno Unito, Francia / 2024 / Drammatico / 119')
14, 15, 16, 17 aprile
Bailey ha 12 anni che sembrano dieci di più, perché è da sempre abituata a risolvere da sola i guai suoi e di chi le sta intorno. La sua famiglia più che allargata è scomposta: lei vive con il padre Bug e il fratello maggiore Hunter, mentre la madre di Bailey ha avuto altri tre figli da uomini di passaggio.
Bug sta per sposarsi, e Bailey rifiuta di andare al suo matrimonio: non ne può più del caos della sua esistenza e non sa come diventare adulta, nemmeno adesso che l’arrivo del ciclo le ha annunciato di essere biologicamente una donna. Le uniche creature che la mettono di buon umore sono gli animali e uno strano giovane uomo soprannominato Bird, che se ne sta appollaiato in cima ai palazzi del quartiere e cerca la sua famiglia.
Recensione
C’è un posto dove stare nel mondo per Bailey? Non può scappare dalla famiglia disfunzionale come Star per unirsi al gruppo di venditori di riviste che percorre il Midwest nel precedente American Honey. Però non è neanche in trappola come la quindicenne Mia in Fish Tank. Il cinema di Andrea Arnold stavolta trova la fuga in una dimensione visionaria, quasi sulle tracce di un Truffaut versione fantasy, ma ancora con echi del suo cinema sociale nella tradizione di quello britannico, per descrivere il caos dei personaggi che la vita ha dilaniato. Non ha paura di volare Bird, e neanche di schiantarsi a terra. Perché poi riparte, rimette le ali e prova ancora il decollo. È questa la ‘poesia del quotidiano’ del nuovo struggente film della cineasta inglese, dove la vera ribellione sta nell’imporsi di seguire i propri sogni. Ognuno dei personaggi cerca una vita diversa. Il padre di Bailey, Bug, si sta per sposare e vuole che la figlia faccia da damigella al matrimonio e indossi un vestito che la sua futura moglie le ha comprato. Lei non ne vuole sapere, si chiude nella stanza, piange e poi scappa. Corre senza sosta Bailey, alla ricerca del suo posto nel mondo. Non lo trova dalla madre, che vive con un compagno violento e trascura le due sorelline. Può solo volare, ma nella vita di tutti i giorni non si può alzare da terra. Un giorno, in un campo, conosce uno strano personaggio, Bird. È vero, è un sogno oppure un’improvvisa apparizione? Lo sguardo della regista resta potentissimo nell’inquadrare una realtà sociale come quella del sud-est dell’Inghilterra, tra violenze domestiche – la scena della ribellione contro il compagno violento della madre è un momento di cinema altissimo, per come accarezza col suo sguardo le vittime in quella scena prima di un’improvvisa, magica liberazione. Ma abbraccia anche una dimensione fantastica, per il modo di guardare all’adolescenza tra quelli più forti nel panorama dell’attuale cinema europeo. Bird potrebbe essere guardato con gli occhi di Nykiya Adams, l’incredibile protagonista nei panni di Bailey, ma anche con quelli di Bird, Franz Rogowski, che è un alieno piombato sulla terra, un angelo che potrebbe arrivare chissà da quale universo, oppure proprio da Wenders che è al centro di uno dei momenti più toccanti del film, quando va con Bailey alla ricerca del padre che ha sempre creduto che suo figlio fosse morto. Bird non fa sconti, è durissimo, ma trova la speranza non tanto in un cambiamento, ma nel rimettere di nuovo in discussione il rapporto tra i personaggi. Un cinema che esplode dal momento in cui Bug va sul monopattino assieme ai figli Bailey e Hunter, per aiutare quello maggiore che vuole raggiungere la sua ragazza in Scozia, e in un finale bellissimo che diventa una danza iniziata già dal momento in cui Bug canta a squarciagola Lucky Man dei The Verve, nel giorno del suo matrimonio. Il volo stavolta è altissimo, quello di un cinema mutante che resta sempre fedele all’urgenza sociale, ma si apre a 360° per mostrare che forse sì, tra la merda di tutti i giorni, ci può essere un posto per tutti. È un cinema che, dietro il suo stile naturalista, con la camera nervosa, è tutto rabbia, istinto, passione. Selvaggio e pieno di grazia.
Simone Emiliani, www.sentieriselvaggi.it