CAMPO DI BATTAGLIA
(Italia / Storico / 104')
Sabato 28 settembre – ore 20.00
Domenica 29 settembre – ore 16.00, 18.00 e 20.30
Nel 1918, alla fine della Grande Guerra, due ufficiali medici che sono stati amici d’infanzia lavorano nello stesso ospedale militare. Stefano (Gabriel Montesi) di famiglia altoborghese, combatte con tutte le forze la simulazione e l’autolesionismo dei soldati che sono stati feriti al fronte e, quando li scopre, li rispedisce a combattere o davanti a un Tribunale Militare. Giulio (Alessandro Borghi) appare invece più comprensivo nei loro confronti. Con loro c’è anche Anna (Federica Rosellini), già brillante studentessa all’Università dove ha conosciuto Giulio che ora fa la volontaria alla Croce Rossa. Nel frattempo c’è qualcuno che sta aiutando alcuni pazienti ad aggravare le loro condizioni di salute per non farli tornare al campo di battaglia. Pur di rivedere la propria casa sono disposti a restare anche storpi e ciechi. Anna è la prima a sospettare che nell’ospedale c’è un sabotatore. Verso la fine della Guerra si sta contemporaneamente diffondendo l’epidemia della febbre spagnola che sta facendo più vittime della guerra.
Recensione
Il fronte si vede appena, solo in apertura nel momento in cui si vede la mano del soldato sopravvissuto seppellito in mezzo agli altri cadaveri. Poi Campo di battaglia è ambientato prevalentemente nell’ospedale militare in cui la dimensione claustrofobica del cinema di Amelio richiama Porte aperte e Lamerica. Lo sguardo del cineasta si sofferma sulle ferite, già simboleggiate dal sangue sul viso di Giulio dopo che si è tagliato facendosi la barba. Non solo solo quelle del corpo, ma anche su quelle di un paese che sembra al collasso prima della vittoria in guerra e su quelle individuali. Negli occhi di Gabriel Montesi, Alessandro Borghi e nell’apparente gelidità di Federica Rosellini, quasi una variazione impercettibile del suo personaggio di Teresa in Confidenza di Luchetti nell’incapacità di rivelarsi e aprirsi, ci sono già le tracce della loro storia personale, i segni del loro passato. Ma lì dentro il tempo è sospeso e può diventare eterno.
A suo modo Campo di battaglia è un film ‘decadente’. Non nel senso ‘viscontiano’ (anche se la fucilazione del soldato simulatore richiama per la crudezza e l’esecuzione della velocità quella finale di Senso) ma proprio nel modo in cui affronta il cinema storico più che bellico con la paura del futuro. La coinvolgente parte finale, con la scena del dialogo tra Anna e il bambino ricoverato, anticipa idealmente il buio dell’immediato futuro. Amelio ha un’invidiabile lucidità ma anche un’intensità emotiva nel trasportarci della ‘macchina (del tempo) del cinema’ nascosto dietro un’apparente compostezza formale proprio come in Il primo uomo. Per questo Campo di battaglia progressivamente si scioglie. In quel primo piano su Giulio all’aperto, nella corsa mélo di Anna, nei suoni che finiscono per entrare in testa. Amelio filma la malattia anche nell’insistenza con cui fa sentire i ripetuti colpi di tosse. Al contrario, lascia intravedere deboli spiragli in esterno, con il rumore del vento. Il caos del disfacimento corrode la forma. Dietro la crudeltà di Gabriel Montesi o i sorrisi abbozzati di Alessandro Borghi, le manipolazioni/simulazioni/torture del corpo, c’è forse il primo horror della filmografia del regista.
Simone Emiliani, www.sentieriselvaggi.it