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CHE FINE HA FATTO BERNADETTE

di Richard Linklater (U.S.A. / 2019 / Commedia / 104')

14, 15, 16 gennaio

Bernadette Fox vive a Seattle ed è un architetto di successo, sebbene dal carattere un po’ misantropo. Un giorno, la donna scompare misteriosamente. Per ritrovarla, la figlia Bee dovrà ricomporre le tessere di un puzzle fatto di lettere, email, testimonianze…

Scheda tecnica

  • Titolo Originale

    Where'd You Go, Bernadette

  • Regia

    Richard Linklater

  • Paese, anno

    Usa,2019

  • Genere

    Commedia

  • Durata

    104'

  • Sceneggiatura

    Richard Linklater, Holly Gent, Vincent Palmo Jr.

  • Fotografia

    Shane F. Kelly

  • Colonna sonora

    Graham Reynolds

  • Montaggio

    Sandra Adair

  • Interpreti

    Cate Blanchett, Billy Crudup, Kristen Wiig, Judy Greer, Laurence Fishburne

Recensione

Tratto dal bestseller della scrittrice statunitense Maria Semple (“Dove vai Bernadette?”, uscito in Italia per Rizzoli nel 2014), “Che fine ha fatto Bernadette?” segna la prima collaborazione tra Richard Linklater e la super attrice Cate Blanchett. Il regista di “Boyhood”, cineasta intenso e delicato nella messa in scena di ritratti umani, si misura con la storia di una scomparsa improvvisa: quella di Bernadette Fox, architetto, madre di famiglia che coltiva un rapporto idilliaco con la figlia quindicenne, sposata con un uomo devoto e amorevole, insomma un ritratto di famiglia apparentemente perfetto. Ma la scomparsa di Bernadette farà riemergere verità a lungo celate, che turberanno non poco il tranquillo ménage familiare.

Sotto l’aria apparente del facile divertissement, “Che fine ha fatto Bernadette?” si iscrive nella vena sentimentale del cinema di Linklater, quella stessa che ritroviamo, non senza un tocco di malinconia, anche in “Boyhood”, ma ancor più nella trilogia “Before” (“Before sunrise” del 1995, seguito da “Before Sunset” del 2004 e “Before Midnight” del 2013), incentrata sulla medesima coppia di protagonisti, colti nel momento del loro primo incontro passando per l’approfondimento della relazione, fino all’inevitabile crisi (ma il finale, va detto, è lieto), e persino quando l’autore si interessa ad un gruppo di giovani studenti di un college americano negli anni ’80 in “Tutti vogliono qualcosa” (2016).

Come affermato dallo stesso Linklater: «(…) La vicenda di Bernadette mi ha incuriosito sin dalla prima lettura dal momento che propone il ritratto davvero complesso di una donna di mezza età che non pratica l’arte di cui è un genio assoluto. Tra le righe, però, presenta anche la storia complessa di cos’è la genitorialità, una relazione a lungo termine fatta di alti e bassi. Quello di Bernadette è un personaggio complesso, bello e affascinante: è una donna molto forte che funge da modello per molte persone al mondo. Oltre a ciò, mi interessava tutto il discorso artistico che ruota intorno alla sua vicenda di artista che per una serie di ragioni non sta creando più nulla. Attraversare una fase di crisi creativa è il mio peggior incubo da sempre: penso sia triste non poter fare quello per cui si è portati. Per altri versi, poi, Bernadette mi ricorda mia madre: geniale ma un po’ instabile, non si sarebbe fatta scrupoli a lasciar la famiglia per inseguire se stessa!».

Non meno interessante è anche la lettura di Cate Blanchett, protagonista indiscussa della pellicola: «(…) Quello di Bernadette è uno spaccato molto divertente ma doloroso su una donna che in un momento di caos si avvicina al più grande cambiamento della sua vita. Ne viene fuori tutto ciò che ha represso, ogni boccone amaro che ha ingoiato e ogni aspettativa disattesa. Facendo i conti con chi è diventata, Bernadette riscopre chi può diventare: si tratta di ciò che molto spesso capita a tutti noi quando affrontiamo la cosiddetta crisi di mezza età. Sfuggire a se stessi è impossibile, soprattutto quando l’età avanza, ci si confronta con il passato e ci si prende la responsabilità di pensare finalmente ad andare avanti. Mi identifico con la Bernadette artista: il blocco creativo è lo spauracchio maggiore di chi come me ha un lavoro sotto gli occhi di tutti e il fallimento è sempre in agguato. Dopo un flop, ad esempio, è più facile scomparire che riemergere.»

Spunti tratti da: Les Inrocks; Variety.com