CHIARA
(Storico - Biografico / 2022 / Italia, Belgio / 106’)
L’ultimo film di Susanna Nicchiarelli, ispirato alla Santa
di Assisi, Chiara, sarà presentato in concorso alla79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e noi che già abbiamo adorato Nico, 1988 (2017) e apprezzato Miss Marx (2020), precedenti opere della cineasta, non vediamo l’ora di vederlo.
Nell’attesa, condividiamo con i nostri Soci un approfondimento sulle figure femminili messe in scena da Susanna Nicchiarelli – gli stralci dell’intervista condotta nel settembre 2021, sono tratti da RivistaStudio.
(www.rivistastudio.com)
Recensione
Le icone di Susanna Nicchiarelli
Uno dei motivi per cui si decide di fare un film su una persona è perché la si capisce o la si vuole capire. Hai qualcosa in comune con i tuoi personaggi?
“Sono donne diverse e distanti da me. In realtà con Miss Marx, ma non solo, mi affascinava l’idea di far vedere anche Karl Marx, nonostante il film inizi quando è già morto. Quindi far vedere il padre, il marito, l’uomo dagli occhi e dai ricordi di una figlia.”
Attraverso le tue donne parli sempre degli uomini fragili da cui sono circondate, un tipo di racconto che al cinema abbiamo visto raramente.
“Per quanto sembrino incentrati sulle donne, i miei film sono per gli uomini. Nico, 1988 è un film per i figli maschi, Miss Marx è un film per i padri di figlie femmine. Se c’è una cosa che amo fare è raccontare gli uomini nel modo in cui nemmeno loro stessi si raccontano, quindi con lo sguardo nostro, femminile, che è ancora un modo di vederli poco condiviso. E infatti quando finisco un film non vedo l’ora di mostrarlo a mio padre, a mio marito, a mio fratello, li farò vedere a mio figlio, perché ci sono sempre delle cose per loro, delle cose che non sanno.”
Un tema già presente nel tuo primo cortometraggio, Il mio piccolo uomo.
“Sì, e ancora penso che sia una delle cose migliori che ho fatto. Tecnicamente faceva schifo però la storia era bellissima. C’era questa ragazza, cioè io, ossessionata da un incubo in cui il suo fidanzato era un nanerottolo con vestiti a fiori e i cocomeri. E a una festa, arriva il suo ragazzo e lei si vergogna in modo tremendo. Ma impara ad amarlo lo stesso, nonostante a causa dei suoi sogni il rapporto vada in crisi. Il punto è un po’ questo, amare la fragilità degli uomini a cui è sempre stato chiesto di essere forti.”
Allora è vero che in queste storie c’è anche la tua.
“Ci sono sempre i miei uomini, e molto più di quanto ci sia io. Io non sono le mie donne, non ho questa tendenza all’autodistruzione, almeno non esplicitamente. C’è piuttosto un autosabotaggio potenziale, come in tutti.”
Nei tuoi film la musica ha un ruolo centrale. È una passione?
“Sì, da tutta la vita. Cinema e musica vanno di pari passo per me, ma ne ho tantissime altre.”
Alla fine di Miss Marx alla domanda qual è la tua idea di felicità, Eleanor risponde «Champagne». La tua?
“È quella con cui ribatte Marx. La lotta. La lotta sempre, come donna, come persona e come regista.”
Giulia Dal Santo