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EMILIA PÉREZ

un film di Abderrahmane Sissako
(Francia, Lussemburgo, Taiwan, Mauritania, Costa d’Avorio / 2024 / Drammatico, Senti-mentale / 110')

07, 08, 09, 10* aprile

* Versione originale sottotitolata in italiano.

Premio della Giuria e Miglior Attrice Festival di Cannes 2024

Manitas del Monte, feroce barone di un potente cartello messicano, ha deciso di cambiare radicalmente vita. Cresciuto in un contesto machista, patriarcale e criminale, ha soffocato per anni il suo essere profondo. Ma non è mai troppo tardi per diventare donna. Per realizzare il suo più grande desiderio, fa rapire Rita Moro Castro, giovane avvocato brillante al servizio di un grosso studio legale, più interessato a fare assolvere criminali che a servire la giustizia. Manitas recluta Rita per gestire transizione e futuro: simulare la sua morte con moglie e figli e ricominciare altrove. Poi Manitas diventa Emilia, ma il passato fatica a passare, come i rimorsi.

Recensione

Lontano da vagheggiamenti arthouse, popolare senza mai perdere di vista la propria forte identità, il cinema di Jacques Audiard è un oggetto a suo modo quasi inclassificabile, sempre proteso verso nuove sfide estetiche, come testimonia oltre ogni ragionevole dubbio proprio Emilia Pérez. Il primo dettaglio riguarda la lingua parlata nel film, che se si esclude qualche passaggio in inglese è interamente dialogato in spagnolo. Dialogato e ovviamente cantato: sì, perché Emilia Pérez è un musical, con un gran numero di sequenze cantate e coreografate affidate a un cast in forma smagliante dominato da Zoe Saldana, Selena Gomez, e Karla Sofía Gascón – nato Carlos, ma proprio la transizione sessuale è uno dei passaggi chiave del film. Un musical che mette insieme il classico melodramma messicano e i cartelli della droga, la battaglia per i desaparecidos e la crisi di un uomo che ha cambiato sesso ma non riesce a stare lontano dai due figli che ha avuto con la sua storica consorte. Vagheggiando tratti almodóvariani – e dopotutto il collega spagnolo è un maestro nel riutilizzo degli stilemi della telenovela – Audiard pone la firma in calce a un’opera libera, sempre in grado di spiazzare lo spettatore grazie a un fuoco di fila di trovate narrative, e che si permette anche di sollevare ragionamenti non di scarso interesse: sopra tutti la contrapposizione tra sistema corrotto dal Capitale e morale sottoproletaria. Un tema, quest’ultimo, che più ancora che nella protagonista Emilia Pérez (nata Manitas del Monte, e con quel nome terrore di intere regioni del Messico, visto che da uomo era a capo di uno dei cartelli più sanguinari e vendicativi del narcotraffico) trova riscontro nel personaggio di Rita, l’avvocata interpretata da Zoe Saldana, che si ritrova assunta proprio da Manitas per gestire il suo ingente patrimonio. Ecco quindi che Emilia Pérez si segnala come un romanzo di formazione plurimo, con i vari personaggi, e che riverbera della grinta di una ottima Selena Gomez. Audiard affronta questo mélange di ipotesi narrative con uno stile furibondo, eccessivo ma mai kitsch, di grandissima potenza espressiva e sempre centrato nel senso di ciò che sta mettendo in scena. I numeri musicali sono tutti di alto livello, così come le coreografie mai banali, e l’ultrapop pare vestire con naturalezza lo sguardo di Audiard, che si lascia prendere la mano e mette in scena un po’ di tutto, da scene d’amore appassionate a manifestazioni di massa, da sparatorie a inseguimenti in macchina. Quel che ne viene fuori è un lavoro straniante, sorprendente, divertente, e in grado di appassionare anche lo spettatore più refrattario. L’evoluzione di Manitas/Emilia Pérez da brutale criminale a personificazione stessa della Madonna lascia senza fiato, tra un colpo di scena e l’altro, e ricorda come il cinema possa ancora unire l’intrattenimento più basico con delle forme di linguaggio difformi, e non di mera prammatica.

Raffaele Meale, www.quinlan.it