ERNEST E CELESTINE. L'AVVENTURA DELLE SETTE NOTE
(Animazione per famiglie / 2022 / Francia / 80')
Dopo il lungo letargo, l’orso Ernest si risveglia più affamato che mai. In cerca di soldi per comprare da mangiare, la topina Célestine invita l’amico a riprendere a suonare il violino per strada, ma inavvertitamente rompe lo strumento. Il solo modo per ripararlo è allora recarsi nella terra natia di Ernest, la Charabie, dove ancora vive il liutaio che l’ha fabbricato. Ernest e Célestine arrivano così in Charabie, dove però scoprono che una legge proibisce la musica e qualsiasi forma di svago. A far rispettare le regole ci pensa soprattutto il rigidissimo giudice, papà dello stesso Ernest, il quale cerca in tutti i modi di portare il figlio della sua parte. Ma chi è, invece, il misterioso eroe mascherano che sfida l’editto e spinge la popolazione a liberarsi dal gioco del potere? La storia dell’incontro e dell’amicizia fra la topina e l’orso, lei orfana con il sogno di fare la pittrice, lui artista e musicista di strada, ha da sempre un chiaro sottotesto politico.
Recensione
Nell’opera di Gabrielle Vincent (ai tempi del primo Ernest e Celestine adattata da Daniel Pennac), l’animazione è il regno dell’ideale, del sogno di un mondo solidale capace di opporsi alla ferocia del potere. Il tratto acquerellato e aperto dell’autrice – la cui resa sullo schermo è perfetta, sognante e lieve come quella su carta – rende le vicende infantili ma non per questo meno forti e chiare. L’atmosfera da film per bambini è semplicemente un modo per introdurre passaggi forti e amari, che in questo secondo capitolo acquisiscono un ruolo ancora più centrale. Il contrasto più evidente di questa Avventura delle 7 note è fra l’idillio paesaggistico della Charabie e lo stato di polizia che i due protagonisti incontrano. Tra montagne, funivie, paesi arroccati (elementi che avvicinano il mondo della Vincent a quello di Miyazaki) emerge come una violenza scioccante il grigiore di una città senza musica, rigidamente controllata da un potere dittatoriale. La musica è colore, vita, movimento – animazione, dunque – e la sua negazione porta a una società ottusa, inerme. Il ritorno alle radici di Ernest e l’irruzione a Charabie della straniera Celestine diventano così eventi rivoluzionari, rotture che ribadiscono l’importanza dei diritti degli individui (siano essi persone o animali…): la libertà d’espressione, la libertà creativa, il diritto alla felicità e al piacere. Che poi in Ernest e Celestine – L’avventura delle 7 note il conflitto si risolva con un classico dramma familiare è semplicemente un modo per ricondurre il racconto a convenzioni narrative note. Dove i registi Julien Chheng e Jean-Christophe Roger danno il meglio è nella cura dei dettagli, ad esempio nei tanti momenti giocati sui temi della machera e del travestimento. Avviene così durante il concerto clandestino nel night club, che fa pensare al cinema sul proibizionismo, o nella scena più bella del film, quando nel carcere Ernest si traveste dal padre giudice, ma si ritrova faccia a faccia col genitore dando così vita a un simpatico gag sul rispecchiamento tra padre e figlio poi ribaltato da un nuovo svelamento che allarga l’intreccio familiare.Nel suo modo fanciullesco e diretto, Ernest e Celestine – L’avventura delle 7 note procede per continui svelamenti e un po’ alla volta, attraverso lo scompiglio portato nella Charabie dall’orso e dalla topina, racconta come un nuovo ordine ottuso possa essere ribaltato da un vecchio ordine più sensato, fondato sulla libertà, la democrazia e la bellezza. Qua e là, siccome la Charabie ricorda i paesaggi della Georgia, sembra addirittura di respirare l’aria del cinema di Ioselliani, con il suo tono svagato e po’ folle. È del resto il tono perfetto per una favola morale senza tentennamenti, così elementare e dolce da essere semplicemente bella.
Roberto Manassero, www.mymovies.it