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FALLEN LEAVES

un film di Aki Kaurismaki
(Finlandia / 2023 / Drammatico / 81’)

18, 19, 20, 21 marzo 2024

Fallen Leaves racconta le solitudini di Holappa e Ansa, un uomo e una donna che si incontrano una notte a Helsinki.
I due hanno vite difficili segnate dal disagio e dalla precarietà. Passano da un contratto di lavoro all’altro senza la minima garanzia sociale, e i problemi economici sono una preoccupazione quotidiana. Per svagarsi trascorrono le loro serate nei bar a ubriacarsi e cantare al karaoke, ed è proprio in una di queste occasioni che i loro destini si incrociano.
Decidono di andare al cinema per il loro primo appuntamento e da quel momento inizia una travagliata storia d’amore.

Recensione

Aki Kaurismaki ha due cifre distintive, una di contenuto, una visiva. La prima è che rifugge la retorica. Qualsiasi cosa voglia dire, o far dire ai suoi personaggi, non ci sono giri di parole, si va dritti al punto, facendo risparmiare tempo e spesso creando anche un inconfondibile effetto comico. La seconda è visiva: tutto è essenziale e minimalista (aggettivi utilizzabili in realtà anche per il primo punto), dai costumi alle scenografie passando per i movimenti sia di macchina che degli stessi attori. Quel suo volere andare al cuore delle cose tocca in Fallen Leaves (Foglie Morte, già titolo di una canzone di Jacques Prévert e Joseph Kosma scritta per Yves Montand in Mentre Parigi dorme) un genere spesso solo lambito in passato: la storia d’amore.
Lui e lei, personaggi che, non a caso, a lungo nel film non hanno un nome, sono rappresentanti del proletariato di Helsinki (è la quarta volta che sceglie qui i propri protagonisti dopo Ombre nel paradiso, Ariel e La fiammiferaia, tutti girati negli anni Ottanta). I due sono persone sostanzialmente sole che si barcamenano tra contratti in cui non ci sono garanzie sociali e una vita piena di preoccupazioni economiche. Ci sono poche alternative, per svagarsi, che non siano bar dove ubriacarsi o al massimo cantare al karaoke. C’è anche il cinema in realtà, ma bisogna farlo in due, è una cosa romantica. E infatti è lì che passano il primo appuntamento. Vanno a vedere I morti non muoiono, di Jim Jarmusch. Lo trovano carino e gli va bene così, non c’è bisogno – come fanno altri due spettatori in sala – di scomodare paragoni con Diario di un curato di campagna di Bresson e Bande à part di Godard. Il dopo è un continuo rincorrersi. Lui beve troppo, lei ha una famiglia distrutta dall’alcolismo, uno dei due deve fare un passo avanti per trovare un punto di incontro sennò, nonostante una vita che è già disperata, è meglio dirsi addio.
Kaurismaki ha bisogno di solo 81 minuti per raccontare tutto questo. Non c’è morale né pietà per i suoi personaggi. Tutto è raccontato con il suo inconfondibile apparente distacco che però non riguarda il vero protagonista dell’esperienza cinematografica, lo spettatore. A lui sono evitate le angosce per le traversie, anche fisiche, vissute da uno dei due personaggi (tutto si risolve in un paio di scene) così come l’ansia per qualsiasi ostacolo tra i protagonisti e un conciliante finale: il destino fa sempre la sua parte, è sempre dalla parte dei buoni.

Andrea Daddio, www.esquire.com