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FANTOZZI

un film di Luciano Salce
(Italia / 1975 / Pietra Miliare / 108’)

Giovedì 12 giugno, ore 21.30

Il Cinema Ritrovato al Cinema

Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)

In caso di maltempo gli spettacoli si svolgeranno
al 1° piano di Palazzo Toaldi Capra, in Sala Affreschi.

La programmazione potrebbe subire variazioni.

Recensione

Fantozzi non era una commedia, era un film un pochettino atipico, con una cattiveria,
una ferocia nei riguardi dei disgraziati, che si è realizzata in pieno.
Paolo Villaggio

Quello di Fantozzi è uno dei pochi personaggi comici inventato dal cinema e non solo dal cinema negli ultimi decenni. […] In più, Fantozzi è stato anche un personaggio scritto. Personalmente mi sono accostato a Fantozzi attraverso i libri in cui Paolo Villaggio, in brevi e frenetici capitoli, ne raccontava le cento disgrazie. Ne scrissi paragonandolo addirittura a Gogol’, scandalizzando chi allora e ancora ama distinguere tra alto e basso, tra colto e rozzo, tra aristocratico e popolare […]. I film confermarono in pieno il mio interesse. Erano ‘strisce’, come i fumetti a puntate, brevi e fulminanti; erano fatti di sketch che si accumulavano l’uno sull’altro non lasciando il tempo di assimilarli; erano esempi di una comicità degna, appunto, del muto: dove le battute contavano meno delle azioni, […] dove contavano gli oggetti, lo scontro con le cose e con le persone, le dinamiche fisiche, e avevano sempre un finale repentino, spesso imprevedibile. […] Dunque una novità strutturale, narrativa, che piacque molto ai bambini (e questo riesce solo ai comici veramente grandi), e spinse Villaggio a insistere sulle reazioni infantili di Fantozzi. Ma la novità non era solo formale, era nel personaggio. Fantozzi era l’invenzione di un misantropo intelligente che sapeva di appartenere anche lui alla famiglia umana di cui detesta i limiti e i riti. La vocazione distruttiva e a volte suicida, la rivendicazione individualistica di chi crede che a giocar da soli non si perde mai, e la sfiga che ne deriva, la solitudine, l’insicurezza, la paura del mondo. Fantozzi non si fidava del prossimo e stava attento a difendersene, o ad aggredirlo vigliaccamente non appena lo vedeva in difficoltà. Fantozzi è cosciente che c’è chi ha potere e chi no, e di conseguenza striscia di fronte al potere e si accanisce su chi non ce l’ha – una costante del carattere italiano, ha detto qualcuno: umile coi prepotenti, prepotente con gli umili. […] Insomma: Fantozzi è un verme che sa di esserlo… Fantozzi è un cattivo per viltà, ma anche per delusione della società, per paura della società. È stato, in definitiva, la faccia vera di tanti che fanno di tutto per nasconderla, l’ha svelata. Villaggio ha inventato una maschera nostra contemporanea.
Goffredo Fofi, “L’Avvenire”, 17 ottobre 2015

Fantozzi non offre soltanto novanta minuti di quasi irresistibile ‘comicità dell’assurdo’, ma anche qualcosa di più. Talune sequenze come quella della corsa per giungere in tempo a timbrare il cartellino, del veglione di fine d’anno (che ricorda, con più paradosso, una celebre sequenza de Il posto), del campeggio fra i tedeschi, della partita di biliardo, del ristorante giapponese, della avventura sciistica, del colloquio con il “megadirettore galattico” (cioè con il Potere reale), non sono soltanto simpaticamente divertenti e caratterizzate da una ‘vis comica’ decisamente originale […]; sono altresì percorse da una sottili, disincantata, ma non per questo irrilevante vena di angoscia. […] In questo senso Fantozzi ci è parso uno dei pochi ‘film comici’ italiani di questi tempi che giungono anche a graffiare.
Lino Micciché, “Avanti!”, 30 marzo 1975

Fantozzi è un figlio degli anni Sessanta come nascita anagrafica, ma Paolo Villaggio avrebbe tranquillamente potuto inventarlo oggi. La precarietà sarebbe il suo habitat naturale, anche se tecnicamente il ragionier Ugo Fantozzi è un eroe del posto fisso. Villaggio lo creò ispirandosi a un collega, tale Bianchi (sa di nome falso, per non offendere nessuno), che aveva l’ufficio in un sottoscala: ma in realtà Fantozzi e i suoi mostruosi colleghi (Filini, Calboni, la Silvani, il megadirettoregalattico Grand. Uff. Lup. Mann.) sono il parto di un’esperienza globale, il periodo in cui Villaggio lavorò come impiegato all’Italsider di Genova.
Alberto Crespi, “L’Unità”, 29 ottobre 2015

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