HIT MAN – KILLER PER CASO
(U.S.A. / 2023 / Commedia, Azione / 113')
06, 07, 08, 09* gennaio
* Versione originale sottotitolata in italiano.
Gary Johnson è il killer professionista più ricercato di New Orleans. Chi lo assolda per uccidere la moglie o un socio ingombrante, però, farebbe meglio a guardarsi le spalle. Johnson, infatti, dietro i tanti travestimenti che indossa, è un professore universitario e un collaboratore della polizia. Dotato di un talento naturale per l’interpretazione drammatica, incastra uno dopo l’altro i suoi malcapitati clienti e li consegna alla giustizia. Le cose si complicano, però, quando incontra e s’invaghisce della bella Madison, disposta a tutto pur di liberarsi di un marito violento.
Recensione
Circa vent’anni fa, a Richard Linklater capitò di leggere un articolo di cronaca nera sul Texas Monthly, a proposito di un personaggio realmente esistente che sembrava uscito da un film.
Il periodo della pandemia, molto tempo dopo, si è rivelato quello giusto per riprendere in mano insieme a Glenn Powell (nel doppio ruolo di interprete principale e co-sceneggiatore) quella storia intrigante, che parlava, tra le righe, delle acrobazie possibili del concetto d’identità.
“Vivere pericolosamente” è l’unico modo di vivere appieno la vita, spiega Gary ai suoi studenti, all’inizio del film, ma lui sembra perseguire uno stile di vita opposto: solo e riservato, abita in compagnia dei suoi gatti Id e Ego, nel ricordo di un’ex moglie che sta per avere un figlio da un altro. Quando però gli viene offerta l’occasione fortuita di essere lui stesso qualcun altro, per esempio il misterioso e affascinante Ron, sicario dagli occhi di ghiaccio, Gary diventa Ron, e la sua vita prende un’altra direzione.
Che ne è dunque del nostro essere profondo? Esiste? Resiste? Mentre ragiona tematicamente sul cosiddetto “palcoscenico della vita”, e sul rapporto tra ego e alter ego, Linklater applica l’arte del travestimento anche ad un altro livello: Hit Man, infatti, è a tutti gli effetti una commedia romantica travestita da thriller poliziesco, in cui il gioco degli equivoci è pompato da un’altissima posta in gioco, e ogni conversazione, ogni mossa, richiedono una performance impeccabile da parte degli attori in gioco.
Commedia degli omicidi, con una sceneggiatura da applausi, il film mette in scena il denominatore comune che esiste tra l’arte dell’esistenza e quella dello spettacolo, per il tramite di un Laurence Olivier del lavoro sotto copertura. Il risultato è un susseguirsi teso e divertente di colpi di scena e di duetti e triangoli eccellenti; una farsa degli equivoci solcata da una vena più scomoda e dark, che scorre ai confini estremi della morale e dell’educazione delle giovani menti.
Un film che appare leggero, ma, di nuovo, è solo un travestimento. Ci vuole un’esecuzione perfetta, infatti, per mascherare con naturalezza un’architettura complessa.
Marianna Cappi – www.mymovies.it
Hit Man ha debuttato a Venezia 2023, quasi un anno fa, entusiasmando pubblico e critica (io c’ero e posso testimoniare che la massa dei critici, solitamente silenziosissima per una gamma di ragioni che va dall’estasi al torpore, si sganasciava come se gli avessero sciolto qualcosa nel macchiato tiepido) senza avere ancora una distribuzione americana. C’è voluta questa accoglienza trionfale, seguita da esiti analoghi a Toronto e Londra, perché se lo comprasse Netflix, a detta di Linklater senza che la concorrenza si strappasse esattamente le vesti.
Secondo Linklater il motivo è un’involuzione che lui riassume così: «A 13 anni vedevo i film e il mondo degli adulti sembrava parecchio interessante, divertente, pensavo “non vedo l’ora di essere lì” (…) non solo per il sesso, ma per le situazioni adulte che mostravano (..) Ma a un certo punto Hollywood ha invertito la rotta. È come se avessero detto: “Faremo film in cui potrai avere 13 anni per sempre, resterai un ragazzino con preoccupazioni da ragazzino”, quindi credo sia iniziata una deriva in cui le complessità non erano più oggetto del cinema mainstream».
Va bene, sono dichiarazioni un po’ da boomer, e non si capisce perché i registi maturi collochino sempre la prima chiamata delle muse in questo genere di elegie puberali, come se l’arte nel maschio fosse secreta per vie endocrine. Ma Linklater non è uno che parla a vanvera, la questione che solleva merita di essere presa sul serio. A maggio si è parlato molto dello studio, commissionato da un giornalista dell’Economist, secondo il quale le scene di sesso nei film di maggior successo sono diminuite, dal 2000 a oggi, addirittura del 40 per cento, ma forse le metriche quantitative non hanno il pescaggio per cogliere appieno un vero e proprio smottamento culturale.
Stefano Piri, www.rivistastudio.com