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IL COLPEVOLE

un film di Gustav Möller

07, 08, 09 maggio

Asger Holm è un agente di polizia che si è messo nei guai e per questo è stato confinato a rispondere al numero d’emergenza insieme a più anziani colleghi. Vive questo lavoro con insofferenza e agitazione, anche perché l’indomani lo aspetta il processo che deciderà della sua carriera. Quando riceve la telefonata disperata di una donna che dice di essere stata rapita, Asger decide di mettersi in gioco e fare il possibile, fino a scavalcare le regole, per non tralasciare alcuna possibilità.

Il suo desiderio di redenzione si incaglia però in un caso che è molto più complesso di quello che sembra e le sue buone intenzioni rischiano di avere effetti controproducenti per sé e per gli altri…

Scheda tecnica

  • Titolo Originale

    Den skyldige

  • Regia

    Gustav Möller

  • Paese, anno

    Danimarca,2018

  • Genere

    Thriller

  • Durata

    85'

  • Sceneggiatura

    Emil Nygaard Albertsen, Gustav Möller

  • Fotografia

    Jasper Spanning

  • Colonna sonora

    Carl Coleman, Caspar Hesselager

  • Montaggio

    Carla Luffe

  • Interpreti

    Jakob Cedergren, Jessica Dinnage, Jacob Lohmann, Omar Shargawi, Johan Olsen, Laura Bro, Morten Suurballe

Recensione

Thriller sulla coscienza e la parola, questo primo lungometraggio del danese Gustav Möller è una vera sorpresa, che si può inserire sulla scia di Locke con Tom Hardy, per via di un uomo al telefono come fulcro della vicenda, ma in realtà piuttosto diverso e originale. Siamo infatti in un territorio più di genere, a partire dall’ambientazione poliziesca, inoltre al centro di tutto c’è il tema di una colpa inconfessabile che riguarda tanto Asger quando uno dei suoi interlocutori telefonici. Il film è fin dal titolo (che significa appunto “i colpevoli”) figlio di una cultura protestante squisitamente nordica, che ama mettere i personaggi alle strette fino a denudarli delle loro barriere e porli di fronte alla verità su loro stessi. 
Il passato di Asger è inoltre un ostacolo narrativo ai suoi buoni propositi, perché la delicata situazione in cui si è messo fa sì che i suoi colleghi non sappiano fino a che punto fidarsi di lui. Questo inevitabilmente aumenta la sua frustrazione e il suo carattere fumantino è un’ulteriore problema che dovrà controllare, mentre tenta di risolvere quello che forse sarà il suo ultimo caso da poliziotto. Il tempo reale della sceneggiatura e della regia funziona quindi efficacemente, perché quella di Asger è una lotta contro il tempo, che si estende oltre il suo orario di lavoro e lo vede nascondersi in una stanza buia. Una sorta di discesa agli inferi dove la luce si fa rossastra e la situazione sempre più disperata.

The Guilty procede implacabile verso un progressivo disvelamento, fino a costringere i personaggi a confessare le proprie azioni. Per quanto l’incedere sia impietoso arriva a una soluzione catartica senza essere consolatoria, la cui forza è anche nella messa in scena con l’emergere dall’oscurità e dalla stazione di polizia. Non si esce a riveder le stelle, perché il destino non promette comunque niente di buono, ma almeno Asger potrà affrontarlo conoscendo a fondo se stesso, temprato da una sfida contro tutti e contro se stesso: un’ora e venticinque minuti che possono cambiare più di una vita.

 

Realizzato in un unico ambiente e con un (quasi) unico protagonista, poteva essere solo un bell’esercizio di stile e invece è un film con un’anima, con una sceneggiatura a prova di bomba, una regia mai teatrale e statica e un interprete capace di far passare sul suo viso tutte le espressioni di una montante angoscia e frustrazione. È una storia molto nordica, che parla di senso di colpa, riscatto e sacrificio, e della necessità di ascoltare e un thriller telefonico teso come la corda di un violino, dove un attore superbo dialoga con voci che trasmettono tutto il senso di un dramma in corso di svolgimento. E ad un’opera prima non potremmo davvero chiedere di più.