IL SOL DELL’AVVENIRE
(Italia / 2023 / Commedia - Drammatico / 95’)
25, 26, 27, 28 settembre 2023
Giovanni (Nanni Moretti), cineasta romano, sta girando un film ambientato a Roma durante la Rivoluzione Ungherese del 1956, quando un circo di Budapest arriva in Italia su invito del Partito Comunista. I protagonisti della storia, due iscritti al Partito (Silvio Orlando e Barbora Bobulova), hanno reazioni opposte di fronte agli errori del Pci (reo di aver appoggiato l’intervento militare sovietico in Ungheria). Tale disaccordo crea dissidi nella coppia. Quel che Giovanni ignora, però, è quanto il suo stesso matrimonio, nella vita reale, stia vacillando: la moglie Paola (Margherita Buy) sta pensando di lasciarlo. Nel mentre, si susseguono: la scoperta di un amore intergenerazionale della giovane figlia e i grossi problemi celati dietro al fanciullesco entusiasmo del produttore del film, il francese Pierre (Mathieu Amalric).
Recensione
Una notte a Roma nel 1956. Un gruppo di uomini arriva sul Lungotevere, calando con corda e protezioni uno dei compagni lungo l’argine del fiume affinché con pennello e vernice rossa possa scrivere in stampato la frase: “Il Sol dell’avvenire”.
Questo l’incipit del quattordicesimo film da regista di Nanni Moretti, nel quale, peraltro, è anche ritornato ad occupare lo schermo – “Nanni, scansati e fammi vedere il film!”, così Dino Risi canzonava il Nostro per il notorio egocentrismo –, nel senso di interpretarne anche il ruolo di protagonista. Dopo la parentesi drammatica di Tre piani – il film del 2021 trasponeva l’omonimo romanzo dell’israeliano Eshkol Nevo all’interno di una borghese palazzina romana – ritrovare il volto amico di Nanni Moretti in un film godibile, capace di far sorridere anche chi non può dirsi estimatore di lunga data del cineasta, un po’ rassicura.
Giovanni-Nanni è qui un regista in crisi artistica, politica, familiare, finanziaria, e pure anche un po’ epocale. Demoralizzato come chiunque abbia la consapevolezza di vivere in tempi volgari e stupidi, sviluppa riflessioni esistenziali attorno a certe buffe piccole cose del quotidiano (il disprezzo per le pantofole e gli esecrati sabot; la simpatia per gli zoccoli olandesi in stile flower power; gli abbinamenti preferiti di gusti di gelato, da scegliersi prima dell’ennesima visione di un classico del cinema francese…), mette alla berlina gusti e tendenze del pubblico, confeziona un’esilarante critica alle logiche commerciali di Netflix, stronca sdegnoso la rappresentazione compiaciuta della violenza nella serialità da piattaforma. Moretti, insomma, fa Nanni Moretti. E Il sol dell’avvenire è, in questo senso, un riepilogo puntiglioso, quasi enciclopedico, di tutte le idiosincrasie, i tic, le ossessioni che hanno dato forma al personaggio. Succede così che il personaggio Giovanni decida di girare un film ambientato nel passato, sulla rivolta d’Ungheria del 1956 soppressa nel sangue dai carri armati sovietici. I fatti, però, sono visti dal Quarticciolo, la locale sezione del Pci, e dalla variegata umanità che vi ruota attorno – tra cui Silvio Orlando, giornalista dell’Unità – impegnata a salutare il circo ungherese Budavari, invitato nel quartiere per tenere uno spettacolo. Qualche esibizione, poi acrobati e clown proclamano uno sciopero di solidarietà verso i compagni d’Ungheria in rivolta. Il problema, però, è che il Pci sta con l’Urss, faro e speranza per la classe lavoratrice.
Parte da qui un sogno controfattuale, una sorta di sliding-door storica: come sarebbe andata se la sezione Antonio Gramsci del Quarticciolo si fosse rivoltata contro la linea politica del partito di Togliatti?
Il finale è allegro. Non possiamo dire troppo – pena lo spoileraggio –, ma sa di vera e propria rivincita del cinema sulla politica, con un’indimenticabile parata finale felliniana fatta di volti amici.
Scheda critica a cura di Giulia Dal Santo (spunti tratti da: Il Foglio del 19 aprile 2023; Il Venerdì di Repubblica del 14 aprile 2023)