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IL VIZIO DELLA SPERANZA

un film di Edoardo DeAngelis (Italia / 2018 / Drammatico / 90’)

sabato 24/11 - ore 20.00 e 22.15
domenica 25/11 - ore 16.00, 18.00 e 20.30

Prezzi riservati ai Soci
Intero: 6,5 euro
Ridotto: 5,5 euro (over 65 anni, under 14 anni)

Prezzi al pubblico
Intero: 7 euro 
Ridotto: 6 euro (over 65 anni, under 14 anni)

Recensione

La speranza a Castel Volturno, fra il mare sporco e increspato e il fiume scuro e limaccioso, è un vizio, un lusso da ricchi, un gesto rivoluzionario che sottintende una possibilità di cambiamento, un fuori-pista o una stradina secondaria da percorrere lontani da quelle pozzanghere nelle quali una ragazza con la camminata da uomo e un pitbull al guinzaglio (e un cappuccio in testa per schermarsi dal mondo) cammina a grandi passi nonostante i pantaloni aderenti. La ragazza, Maria, è una bambina violata nel giorno della prima comunione e salvata da annegamento, è una figlia della disperazione e di una madre catatonica, è un’anima allapparenza persa che si muove instancabilmente in un anti-inferno, in un limbo coperto di rifiuti dove la gente aspetta che un giorno finisca e ne ricominci un altro identico al precedente.
Questo limbo Edoardo De Angelis lo racconta d’inverno, un inverno rosso come le luci di una vecchia insegna e di una giostra in disuso, blu come la notte e bianco come il cielo in certe giornate senza sole. E’ durante un inverno che qualcosa cambia nell’insignificante routine di un Caronte in gonnella e dai lunghi capelli bruni. Già, perché con il traghettatore di anime dell’antica mitologia greca la nostra eroina senza trucco ha in comune frequenti navigazioni a bordo di un’imbarcazione di fortuna, solo che ne Il vizio della speranza il nocchiero trasporta donne innocenti anziché dannati, per la precisione madri sul punto di partorire che non vedranno mai i loro bambini, che saranno venduti a chi un figlio non può averlo e può comprarselo. Ecco, proprio come in Indivisibili, il regista campano sceglie di concentrarsi sullo sfruttamento del corpo femminile, che da fenomeno da baraccone diventa prezioso involucro, contenitore riempito e poi svuotato e di nuovo riempito una, due, cinque volte, finché c’è tempo, finché non arrivano gli assistenti sociali o non sopraggiunge un tumore che strappa via la vita, finché la complice per eccellenza di questo orrore malavitoso non si ravvede, non alza la testa, non comincia a coltivare, appunto, il vizio della speranza.
C’è tanto ne Il vizio della speranza, che ci è sembrato meno a fuoco diIndivisibili, ma più potente, in primis perché sorretto da un “robusto” personaggio principale che lo contamina felicemente con la sua feroce energia, e poi perché accompagnato dalla meravigliosa musica di Enzo Avitabile. Fra suoni tribali, aperture orchestrali e ballate napoletane, la sua colonna sonora è l’elettrocardiogramma del film, un film che scava dentro e che fa male, ma che ci riconcilia con la vita e con la Terra, la Terra che, guarda caso, è femmina. Proprio come il pitbull di Maria.