IO CAPITANO
(Italia, Belgio / 2023 / Drammatico / 121’)
04, 05, 06, 07 marzo 2024
Seydou e Moussa sono due giovani che vivono a Dakar, in Senegal. Scelgono di abbandonare la loro terra per tentare di raggiungere l’Europa, in cerca di lavoro e fortuna. Per farlo devono affrontare un viaggio lungo e crudele, fatto di desolazione e spietatezza. Viaggio che, oltre che peregrinazione fisica, diventa anche una metaforica Odissea contemporanea, che si snoda attraverso le insidie del deserto, del mare e, soprattutto, dello stesso essere umano.
Recensione
“Federico Fellini diceva che non esistono film belli o brutti, esistono film vivi o morti. Io cerco di fare film vivi e questo nuovo spero lo sia.” Matteo Garrone, ospite al Filming Italy Sardegna, racconta la sua idea di cinema, senza anticipare troppo sul nuovo film, Io capitano. “Posso dire poco, che sarà un film coerente, spero, con i temi che affronto nel mio cinema. Credo di avere avuto coerenza, di aver fatto scelte che sentivo, e pur cambiando ogni volta genere credo che ci sia un filo conduttore che lega il mio percorso.” Riguardo il nuovo film, il regista si dice felice del risultato “anche perché quando non lo sono torno a girare.” È questa una tecnica, fermare il montaggio per rigirare alcune scene che non lo convincono e riempiono “i buchi neri” nel montaggio, che gli appartiene da sempre: “È successo con tutta la parte iniziale de L’Imbalsamatore, quasi cinquanta minuti rigirati. Ogni volta mi metto da parte un salvadanaio a cui attingere per tornare sul set, magari con una troupe più piccola.” Capita anche se ha un’idea che considera necessaria, “è successo mentre guidavo il motorino a Roma, che mi venisse un’idea e anche se il film era già stato scelto per la Quinzaine a Cannes, ho fatto lo stesso i cambiamenti. Del resto il cinema l’ho capito grazie al montaggio e a Marco Spoletini, le prime riprese erano fatte male, le ho affinate col tempo. È fondamentale avere l’idea di cosa andrai a montare.” Garrone spiega “sono autodidatta, ho imparato molto dal montaggio, i primi girati erano da risistemare al montaggio con Spoletini, poi ho imparato. Bisogna andare sul set con le idee chiare di quel che ti serve al montaggio.” Aggiunge: “io mi metto al servizio dei ragazzi che incontro che vogliano imparare, ma non ho il consiglio che ti cambia la vita. Cerco di dire che bisogna trovare il proprio linguaggio, non omologarsi. E fare i conti con quel che hai. Io ho iniziato che si girava in pellicola, giravo con gli scarti di Nirvana di Gabriele Salvatores, prendevo quaranta, cinquanta metri avanzati al laboratorio. Facevo tutti ciak brevi. Oggi le riprese e il montaggio costano meno, se hai una idea buona la realizzi con poco.”
Intervista tratta da Arianna Finos, www.larepubblica.it