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LA CANZONE DELLA TERRA

di Margareth Olin
(Documentario / Norvegia / 2023 / 90')

20 – 21 – 22 – 23 maggio

La Canzone della Terra è una maestosa sinfonia per il grande schermo. Il padre della regista diventa la nostra guida attraverso le più suggestive vallate norvegesi: dove è cresciuto e dove più generazioni si sono susseguite vivendo a stretto contatto con la natura, per sopravvivere. I suoni della terra si armonizzano alla perfezione creando una sinfonia unica in questo viaggio mozzafiato.

Recensione

Olin mostra la totale fragilità dell’essere umano, ancor più perché anziano, contro la vita del paesaggio, dei boschi, dei ruscelli, dei prati. Il vero protagonista di questo film è l’ambiente, che racconta già chiaramente la propria storia, attraverso la luce e i colori. A essa si interseca in secondo piano quella delle persone, quasi fosse una linea narrativa secondaria, per certi aspetti accessoria. Olin riesce sapientemente a spostarsi dalla prospettiva asfissiante dell’antropocene. Al paesaggio viene dato il tempo di mescolarsi alla vita umana. Anzi, alla “natura” viene dato il tempo di trasformarsi in paesaggio – ovvero quell’insieme di forme su cui proiettiamo le nostre emozioni. Ogni albero così diventa un landmark, come si usa dire oggi dei grattacieli. Un totem, ma vivo. Proporzionando le emozioni umane, con la loro staticità, gli alberi appaiono sacri, più di qualsiasi grande architettura preposta alla stessa funzione.
La canzone della Terra ci mostra come valga ancora la pena andare al cinema, per godere di immagini incredibili, che non nascono da complicati software ed effetti speciali, ma dal nostro ambiente, dalla montagna, ipnotica ed emozionante, che non ha bisogno di parole, ma solo di sensi capaci di ascoltarla, percepirla, capirla. In cui il dettaglio si fa trama e l’ampia scala esplosa si rifà texture, avvicinando la superficie di una roccia a quella della nostra pelle. Il passaggio diventa forma. Scultoreo. I significati che gli proiettiamo sopra, grazie all’immagine si trasformano in maniera cangiante, caleidoscopica, che risponde silenziosamente ai nostri interrogativi, alla nostra ricerca. La luce è una carezza, una benedizione; una strada bianca solca il paesaggio come una vena. Così lo sguardo della regista.
Lucia Brandoli, (www.thevision.com)