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LA GENERAZIONE PERDUTA

un film di Marco Turco

Venerdì 30 giugno, ore 21.00

Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)

In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.

Recensione

Negli Anni Settanta si diffonde il consumo e il commercio di eroina in Italia. Il giovane giornalista Carlo Rivolta è fra i primi a indagare e raccontare il fenomeno, sia mettendolo in relazione alla crisi ideale, politica e sociale di una generazione disillusa, sia analizzando a fondo le dinamiche relative allo spaccio, agli effetti delle diverse droghe e alla tossicodipendenza. Finirà ben presto anche lui risucchiato nel vortice dell’eroina, diventando a suo modo testimone e simbolo di un’epoca.
Il documentario di Marco Turco ripercorre il fenomeno della tossicodipendenza in un decennio di conflitti e contraddizioni, attraverso la tragica parabola del giornalista Carlo Rivolta .
L’attività da regista di Marco Turco si è spesso focalizzata su temi e personaggi borderline: la prostituzione, la lotta armata, i rapporti tra mafia e politica, le storie di Rino Gaetano, Franco Basaglia, Oriana Fallaci. Nel documentario La generazione perduta (premiato con il Nastro d’Argento) torna di nuovo agli anni 70, il decennio più presente nella sua filmografia, la stagione di grandi conflitti e contraddizioni dopo la rivoluzione mancata del ’68.
Se è vero che ogni epoca ha la propria droga, mentre alle utopie sessantottine si legano la marijuana e le sostanze psichedeliche (LSD su tutte), i lacerati anni Settanta sono caratterizzati dall’invasione dell’eroina. Turco ripercorre quella fase attraverso la figura di un cronista sognatore in un periodo di amaro risveglio nella dura realtà.
Carlo Rivolta, classe ’49 e cresciuto senza padre, ne trova uno putativo nel direttore Eugenio Scalfari che lo assume a La Repubblica, cogliendone il talento brillante e anticonformista. Le sue inchieste sull’eroina lo portano a conoscere profondamente e personalmente quel mondo, fino a rimanerne invischiato, ma senza che ciò gli impedisca di descriverne lucidamente i meccanismi. Risultano infatti ancora attuali le sue riflessioni sulla miope azione repressiva contro le droghe leggere (lui stesso sarebbe finito in carcere per possesso di cannabis), che in quegli anni favorisce proprio la diffusione dell’eroina, essendo venduta dagli stessi spacciatori a cui ci si rivolge per hashish e marijuana.
Alternando testimonianze di tossicodipendenti riprese da materiale d’archivio (da brividi le scene che mostrano i segni delle crisi d’astinenza), interviste a persone vicine a Rivolta (tra cui l’ex compagna Emanuela Forti e il collega e amico Luca Del Re), e le parole dello stesso protagonista, tratte dai suoi articoli e diari, e lette dalla voce di Claudio Santamaria (pure lui, come Rivolta, romano con origini del Sud), si delinea un ritratto denso e problematico che non scade nell’agiografia ma scava nell’animo tormentato e scisso di un uomo, consapevole della morte precoce che lo attende.
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