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LA LUNGA CORSA

un film di Andrea Magnani
(Italia, Ucraina / 2022 / Commedia / 88’)

22, 23, 24, 25 gennaio 2024

Giacinto è nato in carcere dalla madre e dal padre entrambi
condannati. Cresciuto al riparo dal mondo, protetto dalle mura della prigione e dalle cure di Jack, il burbero ma affettuoso capo delle guardie, è diventato un ragazzo innocente e sensibile. Abbandonato dai genitori, da adolescente è costretto a trasferirsi in una casa d’accoglienza per orfani, ma incapace di adattarsi al mondo di fuori farà di tutto per tornare in carcere.

Recensione

Un po’ Forrest Gump, un po’ Pinocchio, molto bizzarra e sicuramente un’eccezione all’interno del panorama cinematografico italiano più recente. Così si potrebbe sintetizzare l’anima de La lunga corsa, di Andrea Magnani, uno dei lungometraggi presentati in anteprima mondiale nel corso della competizione principale del Black Nights Film Festival di Tallinn di quest’anno.
Dopo Easy – Un viaggio facile facile, il regista decide di raccontare una storia quasi interamente ambientata in un carcere femminile dimenticato da Dio. Il giovane Giacinto (interpretato da Adriano Tardiolo, noto per il suo Lazzaro felice), figlio di due detenuti, nasce e cresce nella casa circondariale ma ha un’anima buona, tenera e anche troppo ingenua per l’ambiente nel quale si ritrova a spendere praticamente tutta la sua vita. L’unica guardia penitenziaria maschile, Jack (Giovanni Calcagno), diventa fin da subito una figura paterna, pronta a rimpiazzare due genitori assenti (Aylin Prandi e Stefano Cassetti) e approfittatori. Tardiolo, alla sua seconda esperienza importante per il grande schermo, con il suo ruolo è chiamato a giocare ancora una volta la carta “fish out of water.” Calcagno, invece, riesce a restituire il ritratto di un uomo della legge al contempo rigoroso ed affettuoso.
Inoltre, una carrellata di personaggi surreali e con un physique du rôle da fiaba dei Fratelli Grimm appaiono uno dopo l’altro: tra questi spiccano la direttrice del carcere (Barbora Bobulova), il suo enigmatico padre ed ex direttore della struttura (Orest Syrvatka), il parroco Aldo (Gianluca Gobbi) ed un’anziana detenuta dall’occhio vitreo (Nina Naboka). L’effetto straniante è ulteriormente rafforzato dalle interpretazioni degli attori ucraini, poiché recitano quasi tutti con la loro voce in italiano.
Il mondo che Magnani costruisce all’interno ed all’esterno del penitenziario è ovviamente fantastico. Avvertiamo subito che, nonostante la trama ci suggerisca di essere in Italia, i volti delle comparse, le automobili, alcuni oggetti di scena, il paesaggio circostante e diversi altri elementi provengono da un altrove straniero – chiaramente est-europeo – contribuendo a dare allo spettatore la sensazione di essere in un “non-luogo” italofono.

Davide Abbatescianni, www.cineuropa.it