LA PANTERA DELLE NEVI
Giovedì 15 giugno, ore 21.30
Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)
In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.
Recensione
Nour ha quattordici anni ed è l’ultimo di quattro fratelli, tutti più grandi di lui e dalle personalità focose, irascibili, mutevoli. I quattro sono abituati a fare famiglia tra loro, da quando il padre è morto e la madre è in coma. I fratelli più grandi si arrangiano tra vari lavoretti, e con l’inizio dell’estate anche Nour viene coinvolto per contribuire all’economia familiare e alla cura della madre malata. Ma un giorno incontra Sarah, un’insegnante di canto che lo coinvolge nel suo corso. Per Nour è l’occasione di scoprire una passione innata che gli viene dai genitori, e per aprirsi a un mondo diverso da quello in cui è cresciuto.
Yohan Manca adatta per lo schermo del materiale teatrale, tradendo però la dimensione da palcoscenico e privilegiando invece le riprese in esterna, curiose e sempre in movimento come ben si addice all’estate delle “grandes vacances” che sta per iniziare.
Il contesto è quello di Sète, cittadina francese della Costa azzurra dal famoso porto e dall’anima vacanziera. Spesso ritratta sul grande schermo, prima da Agnès Varda, poi ultimamente in modo memorabile da Abdellatif Kechiche, che ne ha fatto un indelebile protagonista dei due epici capitoli di Mektoub, my love.
Una voce fuori dal coro non può che esistere all’ombra di quelle opere-mondo, un’ammissione che è evidente anche dal coinvolgimento del medesimo direttore della fotografia, il bravissimo italiano Marco Graziaplena.
La sua cinepresa coglie una Sète col sole sempre di taglio, oppure tinta di rossastro attraverso le tende dell’aula in cui Sarah addestra gli allievi al bel canto È un mondo duro ma anche scanzonato, proprio come le anime dei tre fratelli maggiori: Abel, il più serio, Mo, il più leggero. E poi c’è Hédi, anima perennemente “contro”. Nour li guarda tutti dal muretto, ancora escluso dalle virili e animate partite di calcio sulla spiaggia.
Pur nelle sue linee narrative convenzionali, con le tensioni tra i fratelli su come trovare i soldi per andare avanti, una mascolinità rigida da navigare e l’idea di un mondo dalle prospettive limitate che ammette solo la possibilità di andarsene o soccombere, il bel film di Manca trova il tempo di tratteggiare con sentimento ogni personaggio, e di sfruttare come si deve lo straordinario volto del piccolo Maël Rouin-Berrandou.
Nour è una miniera d’oro sia come controcampo comico nei momenti più allegri che come punto focale nel canto, risorsa che viene prevedibilmente presa in giro da tutti all’inizio ma che finisce per diventare il collante della famiglia, grazie ai ricordi di un papà italiano che imitando Pavarotti corteggiava la mamma.
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