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LA RUOTA DELLE MERAVIGLIE

un film di Woody Allen (U.S.A / Drammatico-Sentimentale / 101’)

venerdì 22/12 - ore 21
mercoledì 27/12 - ore 18
sabato 30/12 - ore 20 e 22.15
lunedì 01/01 - ore 16, 18 e 20.30

Prezzi riservati ai Soci
Intero: 6,5 euro
Ridotto: 5,5 euro (over 65 anni, under 14 anni)

Prezzi al pubblico
Intero: 7 euro 

Ridotto: 6 euro (over 65 anni, under 14 anni)

Recensione

Con il suo nuovo film Woody Allen fa fare anche allo spettatore un giro sulla ruota panoramica del titolo, quell’attrazione che modifica in pochi istanti la prospettiva sulla realtà circostante. L’abituale pubblico del regista di Manhattan si troverà infatti due volte sorpreso: una prima, al cospetto di un film diverso rispetto ai suoi recenti; una seconda, quando si accorge che è addirittura diverso da sè stesso, perché capace di una virata finale imprevedibile una volta conosciute le premesse. Almeno a vederne la prima metà, La ruota delle meraviglie (Wonder wheel) appare infatti costruito sulla vena romantica con la quale Allen ha deciso, da quando non recita più, di sostituire quell’umorismo tipicamente ebraico che stava bene soprattutto in bocca a lui.

La trama si concentra su quattro personaggi, intersecandone le storie all’interno del luna park: Ginny (Kate Winslet), ex attrice malinconica ed emotivamente instabile che lavora come cameriera; Humpty (Jim Belushi), il rozzo marito di Ginny, manovratore di giostre; Mickey (Justin Timberlake), un bagnino di bell’aspetto che sogna di diventare scrittore; Carolina (Juno Temple), la figlia che Humpty non ha visto per molto tempo e che ora è costretta a nascondersi nell’appartamento del padre per sfuggire ad alcuni gangster. Più della storia sembrano però contare il contesto e l’atmosfera, resi da Allen attraverso i suoi ingredienti tipici: l’alternanza di colori caldi e freddi realizzata con la solita maestria da Vittorio Storaro (al suo secondo lavoro col regista, dopo Café Society del 2016), lo swing, la nostalgia, la lunaticità e la bisbeticità dei caratteri. Qualcosa di già visto insomma, ma sempre piacevole, anche se meno divertente del solito. Solo nella seconda parte si scopre che questa scarsa inclinazione a suscitare la risata non è la prova della poca ispirazione di Allen, ma di una completamente diversa volontà: quella di uscire dai suoi abituali schemi e realizzare un’opera disperata, cattiva, violenta. Una specie di tragedia greca o di dramma familiare alla Arthur Miller. Un pugno nello stomaco sferrato da un uomo che ha nella levità e nell’ironia le sue doti principali e forse, proprio per questa sua inidoneità alla durezza, non riesce con questa storia a far male del tutto, come vorrebbe e dovrebbe.

In ogni caso, giù il cappello davanti a un grande artista che a ottantadue anni prova a reinventarsi e davanti alla prova eccezionale della Winslet nei panni della donna insoddisfatta e consumata dalla gelosia.