LA SALA PROFESSORI
(Germania / Drammatico / 98')
Sabato 09 marzo – ore 20.00
Domenica 10 marzo – ore 16.00 e 18.00
Candidato all’Oscar 2024 come Miglior Film Internazionale
Accade tutto in pochi secondi. Carla entra in aula, richiama l’attenzione dei propri studenti e li invita ad urlare insieme a lei. Forte. Il più forte possibile. Rabbia e frustrazione deflagrano, liberandosi in un coro di grida, in un gioco; mescolando la voce di Carla a quella dei bambini.
La macchina da presa stringe sul volto esausto della professoressa. Non è la prima volta che il cinema attinge all’ambiente scolastico in qualità di speciale microcosmo in vitro, atto a delineare e consentire l’osservazione di dinamiche sociali seminali o chiamate a specchiare il cosiddetto mondo vero, al di fuori.
E la storia di Carla Nowak, insegnante di seconda media intenzionata a scoprire il responsabile di una serie di furti avvenuti all’interno del perimetro scolastico, si dipana con linearità, tessendo passo dopo passo la trama di un thriller claustrofobico e incalzante; e innalzando pareti di sguardi e (pre)giudizi, destinate a collassare quasi fatalmente addosso alla protagonista. All’interno del labirinto di spazi didattici predisposto dal regista – riletto tra l’altro a posteriori nell’inquietudine liminale del montaggio in epilogo – La sala professori offre dunque un’incisiva lettura della realtà filtrata dal suo stesso (volontario) soffocamento. Rendendosi complice di un vero e proprio disallineamento tra veridicità e reale che, in una pellicola fondata sul furto di immagini più che di denaro, sostituisce alla verità una lunga serie di sue varianti, tra proto-giornali e media scolastici e pettegolezzi che rimbalzano dal mondo dei piccoli a quello degli adulti. Nel marasma collettivo generato dal tradizionale fiocco che diviene valanga quella di Carla Nowak – una strepitosa Leonie Benesch – è così figura centrale di un discorso dal forte impatto pedagogico. Lei testarda, lei ostinata idealista, lei fedele a tal punto al proprio ruolo di insegnante da rischiare di smaterializzarsi nell’astrazione di un’utopia “da manuale”. Capace invece di calarsi nella corporeità del quotidiano proprio attraverso l’errore che – seppur in buona fede – causa il progressivo sollevarsi della tempesta.
Alla fine, come di consueto, rimane ben poco da salvare di una società che fin dalle sue istituzioni educative coltiva sospetto e discriminazione su più livelli. Forse solo l’immagine di una professoressa incazzata disposta a sedersi nuovamente tra i banchi di scuola. Perché non si finisce mai di imparare.
Dario Boldini, www.sentieriselvaggi.it