LA TRUFFA DEI LOGAN
Martedì 09 luglio, ore 21.30
Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)
In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.
Recensione
Jimmy Logan, ex quarterback con una gamba offesa, e Clyde Logan, veterano dell’Iraq senza un braccio, decidono di organizzare una rapina. Separato dalla consorte e licenziato dal boss l’uno, single con pub l’altro, i Logan vivono nell’America rurale, collezionano una sfortuna eterna e perpetuano una maledizione familiare. Ma quella superstizione, esemplificata dal corso disastroso delle loro esistenze, diventa la loro chance: una buona copertura (chi accuserebbe mai due storpi?) e una buona occasione (giunti a questo punto, i Logan non hanno niente da perdere). Regista della squadra offensiva, Jimmy recluta col fratello, la sorella Mellie, impiegata in un negozio di parrucchiere, e Joe Bang, il miglior scassinatore del Paese detenuto nel carcere locale. Concessa creativamente l’ora d’aria a Joe Bang, l’obiettivo è rubare l’incasso di una prestigiosa gara NASCAR. Dopo un impossibile addio al cinema (quattro anni fa) e una riconversione ragguardevole alla serie (The Knick), Steven Soderbergh ritorna (alla) grande in sala. Affondato nell’America repubblicana, dove una folle quasi esclusivamente bianca si leva intonando “America the Beautiful” prima di una corsa automobilistica, le ragazzine sognano di diventare reginette di bellezza e la copertura medica lascia a desiderare, La truffa dei Logan segna la fine della sua assenza e guadagna al suo cinema l’oscillazione emozionale e politica. Ma cominciamo dal piacere. Dalla ballata di apertura alla ‘bicchierata’ finale, c’è un entusiasmo comunicativo che attraversa La truffa dei Logan. L’entusiasmo di filmare, di raccontare, di avere scelto quegli attori, di commettere l’ennesima rapina. Benché sia terreno di conquista, Soderbergh non (si) ripete mai. Perché il furto faraonico, condotto senza tempi morti, racconta un’altra cosa: il quotidiano di un’America profonda che può contare ormai solo su stessa per uscire dal ristagno economico e sociale. Interrogandosi sottilmente sulla linea che separa la stupidità dalla genialità, Soderbergh adotta con affetto franco due fratelli spezzati dalla vita. L’autore si affida volontariamente alle apparenze goffe dei suoi personaggi per salutare meglio il gesto virtuoso di un’impresa in apparenza impraticabile. Così se i fratelli Logan appaiono al debutto la caricatura dei looser del Sud profondo, il disoccupato storpio lasciato dalla moglie, il barman monco e la shampista del paesino remoto, i nostri si rivelano in corsa dei winner competenti.
Fonte: https://www.mymovies.it/film/2017/loganlucky/