L’ORCHESTRA STONATA
(Francia / 2024 / Commedia / 103')
27, 28, 29, 30 gennaio
Celebre direttore d’orchestra, il quarantenne Thibaut scopre di essere malato di leucemia e di avere bisogno di un donatore di midollo osseo. Facendo indagini sulla compatibilità dei familiari viene a sapere di essere stato adottato e di avere un fratello di sangue, Jimmy, più giovane e proveniente dal nord della Francia. Diversi per carattere ed estrazione sociale, i due impareranno a conoscersi e a volersi bene, uniti dalla passione per la musica. E quando Thibaut scopre che Jimmy ha l’orecchio assoluto, lo spinge a diventare il direttore della banda musicale nella quale suona il trombone…
Recensione
Gli sguardi nascosti. In due momenti di L’orchestra stonata un protagonista guarda l’altro di nascosto. Uno sta dirigendo l’orchestra, l’altro suona il trombone nella sua banda. Non è la classica storia di famiglia su due fratelli che non si sono mai conosciuti. È invece la musica invece che diventa l’elemento trainante del terzo lungometraggio diretto da Emmanuel Courcol: classica, jazz, marce, la Sinfonia n. 3 di Mahler, il Bolero di Ravel che diventerà fondamentale soprattutto verso la fine del film. Non solo. Il cineasta la mette in scena attraverso i corpi dei due protagonisti, interpretati da Benjamin Lavernhe e Pierre Lottin, che diventano parte integrante di una partitura dove le dichiarate tracce da melodramma sulla malattia restano sottotraccia per quasi tutta la durata del film. Thibault, un celebre direttore d’orchestra, scopre di essere malato di leucemia e ha bisogno del trapianto del midollo osseo. Sua sorella però non è compatibile. L’unico che può aiutarlo è una persona che non ha mai visto. Si tratta di suo fratello di sangue, Jimmy, un operaio che suona il trombone nella banda musicale. Sono i suoni che danno il ritmo, fanno partire una scena, quasi con effetti alla Whiplash, uno dei migliori Chazelle. Rispetto al cineasta statunitense, qui non c’è straniamento. Invece il film conserva tracce dello spirito della commedia sociale inglese degli anni ’90 (il contrasto Nord/Sud della Francia, lo scarto tra i due personaggi di diversa estrazione sociale) e quella passione/contagio alla School of Rock. Come nel film di Linklater, la musica è spesso al centro dei discorsi: i due fratelli parlano del si bemolle in Miles Davis, trovano i primi momenti di complicità con la copertina di un disco di Lee Morgan. In più c’è una danza trascinante sulle note di Laissez-moi danser di Dalida. Anche se L’orchestra stonata ha il merito di arrivare diretto e di affrontare in modo efficace la crisi economica accennando alla condizione dei lavoratori della fabbrica dove lavora Jimmy. In più è proprio la differenza di recitazione tra Lavernhe e Lottin che rende il film più autentico e che lo fa crescere alla distanza come nell’emozionante finale man mano che evolve il rapporto tra i due personaggi. Qui si sente l’eco del cinema di Lioret di cui Courcol è stato sceneggiatore, anche nei bellissimi Welcome e Tutti i nostri desideri. La malattia e la solitudine sono vengono mostrati in modo sobrio in grado di incidere in maniera forte. La vita e la sua messinscena diventano elementi coincidenti, come nel precedente film del regista, Un triomphe. Lì il teatro, qui la musica. Entrambi si portano dietro tracce di storie vere. È poi il cinema ad esaltarle senza tradirle e a darci l’illusione di prolungarle e a renderle dei passaggi che ci porteremo dietro per sempre.
Simone Emiliani, www.sentieriselvaggi.it