OPPENHEIMER
(U.S.A., Gran Bretagna / 2023 / Biografico / 180’)
13, 14, 15, 16* novembre 2023
* Versione originale sottotitolata in italiano.
Nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, convinti
che la Germania Nazista stia sviluppando un’arma nucleare,
gli Stati Uniti danno il via, nel più grande segreto, al Progetto Manhattan destinato a mettere a punto la prima bomba
atomica della storia. Il governo americano decide di mettere a capo del progetto il brillante fisico J. Robert Oppenheimer. Nato a New York nel 1904 da genitori di origini tedesche ed ebraiche, a poco meno di quarant’anni aveva già dato un grande contributo allo sviluppo della fisica moderna.
Recensione
Oppenheimer non è banalmente il film sulla genesi dell’atomica, non è neppure un biopic in senso stretto, classico, ma un film che azzera la concezione di genere perché li comprende un po’ tutti. Il regista ha parlato di una forte connessione all’horror, in diversi momenti lo è, così come un thriller, un dramma giudiziario, una commedia, un melò, uno sci-fi. Ma ciò che ci ha donato Christopher Nolan in questo film, dove regnano sovrani il dialogo, i primissimi piani, diviso tra il bianco e nero della modernità maccartista e il passato pieno di illusioni, è soprattutto il più completo ed esaustivo racconto cinematografico sul concetto di ambiguità morale.
Questo tema domina tutti i 180 minuti di un’odissea in cui Cillian Murphy, dimostra ancora una volta di essere se non il miglior attore della sua generazione, di certo quello più abile nel rendere trasparente ogni emozione, pur alle prese con un uomo fatto di incomunicabilità, solitudine e silenzi. Robert Oppenheimer, mostro per alcuni, eroe per altri, mente eccezionale e cardine del progetto Manhattan, è un uomo in pena, ricolmo di difetti tanto quanto di quel genio, che in certi momenti maneggia con la stessa noncuranza con cui farebbe il bambino con la pistola del padre. Il fatto più incredibile, è che ne è perfettamente conscio, è un mix di speranza e cinica coscienza dei suoi e altrui limiti.
Oppenheimer spazia dagli anni ‘30 alla vergogna della persecuzione negli anni ’50, in quell’America che era ossessionata dal comunismo, dall’incubo nucleare e dalla supremazia da ottenere mediante il fungo atomico. Invece i sovietici ci sono arrivati all’atomica, contro ogni aspettativa, contro il supposto vantaggio tecnologico, ma di chi è la colpa? Chi è il traditore che li ha messi al corrente del lavoro svolto al Los Alamos? Come è possibile fidarsi di quello strano scienziato, con un passato di simpatizzante comunista? Domande, dubbi, che inseguono il creatore della bomba, che scopre con orrore di aver sopravvalutato la società, la politica, persino gli scienziati che vedeva sopra tutto e tutti.
Nolan cuce assieme flashback e flash forward, facendo ruotare attorno all’interpretazione di Murphy un cast corale. Nolan lo fa, dall’inizio alla fine, ad ogni membro del progetto Manhattan, ad ogni donna nella vita di Oppenheimer, ad ogni politico, senatore, scienziato, amico o nemico, dona uno scopo, un posto, uno sguardo e una voce mai banali.
Oppenheimer si muove completamente all’interno della mente del suo protagonista, questo riguarda anche la lunghissima parte ambientata nel deserto, il suo deserto, quello che lui conosceva così bene, sorta di scatola dentro cui Dio ha deciso che sta succedendo l’inimmaginabile. Lì il moderno prometeo libera una forza, un futuro, di cui ignora il volto ma intuisce instabilità, pericoli, incognite ma pare incapace di fermarsi. Solo per il nazismo con cui è in gara? No, è l’Ulisse di Omero che incurante visita luoghi e mostri, che va verso l’orizzonte anche assomiglia alla fine del mondo. Il mito, torna più e più volte nella sua accezione semiotica e simbolica in questo film. Fuoco, terra, cielo, sono i supporti primari della trama di Nolan. Luce e tenebra non ci lasciano mai, sono dentro gli occhi di Robert, quelli di sua moglie, il futuro di cui atterrito si rende conto di non aver capito niente. Oppenheimer si guarda da un buco di una serratura, vede il suo lento diventare morte, distruttore di mondi. Nessuno pare veramente capirlo, né il Generale Sorge di un bravissimo Matt Damon, né i suoi vari colleghi, neppure la moglie, una struggente e feroce Emily Blunt. Forse solamente la Jean Tatlock di Florence Pugh può farlo, lei che è Eros e Thanatos assieme, è portatrice di quella verità che Omero già legava alla disgrazia.
Giulio Zoppello, www.wired.it