PARASITE
24, 25, 26 marzo
In un seminterrato lurido, vive una famiglia spianata che vive di espedienti. I piani alti e lussuosissimi dell’edificio ospitano invece una famiglia borghese al cui interno riuscirà dapprima ad intrufolarsi il figlio dei poveri (per dare lezioni di inglese alla figlia dei ricchi), quindi la sorella (spacciatasi per psicologa specializzata in art-therapy, chiamata come figura di sostegno al piccolo di casa) e, da ultimo, i genitori….
Scheda tecnica
Titolo Originale
Gisaengchung
Regia
Joon-ho Bong
Paese, anno
Corea Del Sud,2019
Genere
Drammatico
Durata
132'
Sceneggiatura
Joon-ho Bong, Jin Won Han
Fotografia
Kyung-pyo Hong
Colonna sonora
Jaeil Jung
Montaggio
Jinmo Yang
Interpreti
Kang-ho Song, Sun-kyun Lee, Hyae Jin Chang, Yeo-Jeong Cho, Woo-sik Choi
Recensione
Personaggi prigionieri che tentano di sfuggire alla propria condizione, messa in scena tutta in interni che riflette il rapporto tra differenti classi sociali, sono questi i temi al centro di “Parasite”, settimo lungometraggio del regista sudcoreano Bong Joon-Ho, che gli è valso all’unanimità la Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes. Autore di culto molto amato dalle giovani generazioni, il cineasta ci aveva recentemente trasportato verso dimensioni fantascientifiche e post-apocalittiche con “Snowpiercer” (2013), film in cui il pianeta Terra sta vivendo una nuova Era Glaciale e dove gli apparentemente unici superstiti viaggiano a bordo di un treno strutturato come una piramide sociale: i più poveri stipati nelle ultime carrozze, i più ricchi nei lussuosi vagoni di testa.
Ma Joon-Ho è un regista tenuto in alta considerazione pure dalla critica e il prestigioso premio conferitogli all’unanimità a Cannes — così come sottolineato anche dal Presidente della Giuria Alejandro Gonzáles Inárritu – non fa che confermarlo: Parasite è un film artisticamente perfetto, con una fotografia meravigliosa e ottime interpretazioni.
Commedia per virtù e tragedia per necessità, in questo film Joon-Ho mette in scena conflitto sociale, scontro di classe e guerra tra poveri, sempre però con misura e filtrando con la suspence quando tutto sembra sul punto di uscire allo scoperto. Si sorride anche, come in un’agrodolce visione della vita che trapela da gag comiche, da situazioni inattese e paradossali.
Non mancano le affinità tematiche, e financo ideologiche, con il film di Kore-eda Hirokazu, “Un affare di famiglia” premiato a propria volta con la Palma d’Oro al Festival di Cannes nel 2018, con la necessaria aggiunta che “Parasite” si ritaglia anche spazi di manovra da operetta morale, pamphlet sociale, distopia classista: un film verticale che misura la lotta di classe in base all’altezza in cui si svolge l’esistenza dei suoi protagonisti (oltre al già citato “Snowpiercer”, come non pensare anche al folgorante cinismo del romanzo “Il condominio” di J. G. Ballard, più eloquentemente intitolato “High Rise” nell’originale inglese?)
Ci sono, infine, riferimenti sia agli Stati Uniti che alla Corea del Nord in questa magnifica e cinica storia di servi e padroni che accumula colpi di scena saltando da un genere all’altro senza mai abbassare la tensione e che trova il suo apice in una conclusione semplicemente indimenticabile.
Piccola e conclusiva nota di costume: c’è anche un pizzico d’Italia per la presenza nella colonna sonora del brano “In ginocchio da te” di Gianni Morandi (che – pare – si è detto curioso di conoscere il regista), in una delle tante sequenza clou.
Giulia Dal Santo
Spunti tratti da: Cinematografo.it