PATERNAL LEAVE
(Germania - Italia / Drammatico / 113')
Domenica 25 maggio – ore 20.30
È noto come spesso, nelle situazioni di tensione familiare o di stallo emotivo, i bambini più piccoli siano in grado di assumere la leadership del momento, portando gli adulti a prendere decisioni e a smuovere incertezze nell’arco di pochi attimi, quando i piccoli assumono senza esitazioni un comportamento deciso e diretto: ed è esattamente quello che accade, nel bell’esordio di Alissa Jung, all’interno delle sequenze che coinvolgono la bimba Emilia. Il padre, Paolo, gestisce una struttura su di una spiaggia dell’Emilia Romagna, dove vive, tra il capanno e il camper: siamo in inverno, il litorale è deserto e una mareggiata ha anche lasciato un po’ di danni al chioschetto. Ed ecco che a casa di papà Paolo appare una adolescente tedesca, Leo (Juli Grabenhenrich, che dona al personaggio un bel carattere netto), mai vista prima: chi sarà? Mentre Paolo e l’ex-compagna Valeria (madre di Emilia) sembrano spaesati e innervositi, la bambina non ha dubbi: Leo dovrà giocare con loro, fare colazione con loro, accompagnarla in una corsa incosciente in pineta.
Il motivo per cui Paolo è così infastidito dall’arrivo di Leo, la quale è partita di nascosto dal suo appartamento di Berlino per arrivare ad incontrarlo, è che la ragazza è la figlia “segreta” dell’uomo, avuta a 21 anni, abbandonata e mai reincontrata fino ad ora. Come farà questo solitario surfer amante del mare adesso a conciliare le sue due vite?
Recensione
Alissa Jung si affida innanzitutto al carisma dei suoi interpreti: Luca Marinelli regala al suo personaggio tutta l’arruffata empatia che sappiamo riconoscergli nei suoi ruoli più intimi e “sentimentali”. Qui l’interprete gioca tutto di sottrazione, parole dette a mezza bocca, capace di tirare fuori una tenerezza tangibile dal ruolo e insieme di farlo “esplodere” nei momenti più drammatici: alcuni scambi con Juli Grabenhenrich potrebbero ricordare in questo senso l’alchimia tra Daphne Scoccia e Valerio Mastandrea in Fiore di Claudio Giovannesi. La giovane attrice, capace già di reggere i primi piani spigolosi che la regista le riserva lungo tutta l’opera, trova un efficace contraltare anche nella sorprendente performance di Arturo Gabbriellini (già visto in un episodio di We are who we are), altrettanto irresistibile nel ruolo del ragazzo di provincia perennemente in giro con il suo motorino, alla ricerca di una risposta sulla sua sessualità grazie al confronto con la ragazza appena conosciuta che invece viene dalla grande metropoli berlinese, ascolta Kae Tempest e ha assunto già con convinzione un look e un nomignolo gender neutral.
Paternal Leave è un film quasi sempre in grado di indovinare la triangolazione emozionale tra paesaggio, personaggi e dialoghi, forte anche della fotografia essenziale di Carolina Steinbrecher, dove altri o altre avrebbero verosimilmente spinto su di un look più “pop”: la risoluzione della vicenda è il punto in cui tutto l’impianto si rivela più incerto, gli espedienti narrativi e relative metafore scoperte risultano un po’ ridondanti (l’apparente sparizione di Emilia, il fenicottero investito…), per fortuna ancora una volta i due protagonisti si dicono tutto in silenzio, alla fine, e i titoli di coda preferiscono far parlare le liriche di Giorgio Poi, intonate voce e chitarra dallo stesso Marinelli.
Sergio Sozzo, www.sentieriselvaggi.it