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RAPITO

un film di Marco Bellocchio
(Italia / 2023 / Drammatico - Storico / 134’)

16, 17, 18, 19 ottobre 2023

Bologna, 1858. Il piccolo ebreo Edgardo Mortara viene strappato alla sua famiglia dai soldati di Papa Pio IX in quanto, secondo le dichiarazioni di una domestica, il bambino, ritenuto a sei mesi in punto di morte, sarebbe stato da costei segretamente battezzato. Sul punto, la legge papale è inappellabile: Edgardo dovrà ricevere un’educazione cattolica. I genitori del piccolo, sostenuti dall’opinione pubblica e dalla comunità ebraica internazionale, batteranno ogni strada per riottenere la custodia del figlio. La loro battaglia assumerà ben presto una dimensione politica.

Recensione

“La storia del rapimento del piccolo ebreo Edgardo Mortara mi interessa profondamente perché mi permette di rappresentare prima di tutto un delitto, in nome di un principio assoluto, e la volontà disperata, e perciò violentissima, di un’autorità ormai agonizzante di resistere al suo crollo, anzi di contrattaccare.”
Con queste parole Marco Bellocchio rievocava in occasione dell’ultimo Festival di Cannes, il caso di Edgardo Mortara, bambino ebreo di sette anni, la cui vicenda umana e giuridica è al centro di Rapito, film che il cineasta ha presentato in anteprima al concorso francese.
Bellocchio torna con questo film ad occuparsi di talune pagine minori, ma non meno controverse, di storia italiana, affrontando nuovamente il tema del potere, e di tutti gli abusi e le contraddizioni che ogni genere di potere – ecclesiastico, politico, giurisdizionale – in nuce racchiude in sé, quando, in nome di un ordine superiore, si ammette la possibilità di soffocare un principio cardine di libertà personale, in questo caso la libertà di credo religioso.
Il battesimo in articulo mortis somministrato al piccolo Mortara, rientra nella fattispecie del battesimo di necessità, ed era (ed è) amministrabile da chiunque, purché le intenzioni del Ministro coincidano con quelle della Chiesa. La ragione di tale possibilità è legata, secondo il culto cristiano, all’indispensabilità di ricevere il sacramento affinché l’anima possa aspirare alla salvezza dopo la morte. In seguito alla scoperta del battesimo, Edgardo verrà sottratto alla famiglia dai messi ecclesiastici e sottoposto ad un regime disciplinare per manipolarne la coscienza e la volontà, fino a farne il prediletto del Papa, inconsapevole non solo di essere vittima, ma anzi, gioendo della propria condizione di servitù. Certo, anche l’ebraismo della famiglia d’origine appare rigido e severo, e tuttavia una cosa è seguire un percorso personale di distacco da una religione istituzionale, altra cosa è una conversione forzata.
Gli stessi rappresentanti dell’ebraismo romano, nel chiedere udienza al Pontefice per sostenere la causa dei Mortara, sono costretti a strisciare proni, con la minaccia di venir nuovamente reclusi nel ghetto. L’antisemitismo appare in questo film ben radicato nell’inconscio del collettivo italiano, nella storia del suo cattolicesimo autoritario; quasi a suggerire che le leggi razziali di Mussolini, ottant’anni dopo, avranno gioco facile nel far leva su quel pregiudizio diffuso che vedeva negli ebrei gli “assassini di Cristo” (frase che ritornerà più di una volta nel corso del film).
Gesù Cristo, d’altra parte, compare nel film quasi come un fantasma sanguinante, ossessivo e incombente nelle rappresentazioni delle statue e dei quadri, ritratto nello stile cupo di un barocco minore, rispondendo quasi ad un’immagine punitiva e terrorizzante, anziché benevola e misericordiosa.
Rapito ci ricorda, in estrema sintesi, come il potere, quando è corrotto e degradato, guardi sempre ed inevitabilmente con preoccupazione alle libere scelte degli individui, arrivando al punto di negarne il valore fondativo.

Sintesi critica a cura di Giulia Dal Santo; spunti tratti dai quotidiani Il Foglio (20 maggio 2023); Il Manifesto (24 maggio 2023)