SCRAPPER
(Gran Bretagna / 2024 / Drammatico, Commedia / 84')
24, 25, 26, 27* marzo
* Versione originale sottotitolata in italiano.
In una piccola e ordinatissima casa della periferia di Londra vive Georgie, ragazzina dodicenne cresciuta dalla madre e rimasta sola dopo la morte della donna. Autonoma e intraprendente, simpatica e perennemente vestita con una maglia anni ’90 del West Ham, Georgie ha deciso di cavarsela da sola e per farlo ruba biciclette con l’amico Ali e ha convinto gli assistenti sociali che un fantomatico zio si prende cura di lei. Un giorno, però, alla porta di Georgie si presenta Jason, trentenne con l’aria da duro e i capelli color platino che dice di essere il proprietario della maglia dei West Ham e soprattutto suo padre.
Recensione
Un classico dramma inglese su ciò che resta della vecchia classe operaia, tra desolazione urbana e più dignità e umanità del solito. Grazie soprattutto alla sua simpatica e irresistibile protagonista. Charlotte Regan, la regista di Scrapper, al suo primo lungometraggio dopo diversi corti e soprattutto diversi videoclip di musicisti rap, proviene da un retroterra simile a quello della sua Georgie, e significativamente ha voluto dare della periferia londinese un ritratto inedito, per una volta imbevuto non di dramma e disperazione, di crack e cani al guinzaglio, ma di colore (le casette a schiera in cui vive Georgie hanno tutte tonalità confetto), umanità e dignità solitamente riservate ad ambienti più piccolo-borghesi. Non un paradiso in terra, ovviamente, ma un luogo dove le idee di comunità, cura e attenzione possono coesistere con quelle di povertà e scarsa occupazione.
Senza essere Andrea Arnold, la giovane regista londinese usa il realismo sporco del cinema inglese per dare credibilità alla vicenda della piccola Georgie. Il fulcro è ovviamente il difficile rapporto fra Georgie e Jason, ma nel momento in cui la vicenda potrebbe aprirsi a toni violenti o ribaltare il clima comunque disteso della prima parte, la via scelta è piuttosto quella del ritratto d’ambiente, che osserva con rispetto e ironia i personaggi. Georgie è definita dalla capacità di occupare uno spazio, di prendersene cura (la si vede spesso passare l’aspirapolvere e nei flashback con la madre dipingere d’azzurro la cameretta), mentre Jason è all’opposto uno che abbandona le situazioni: entrambi non possono che vivere nel loro mondo di reietti che cercano comunque un loro spazio. Con una trama che procede per passaggi fissi il film gioca volentieri con il simbolismo degli oggetti: i ricordi della madre per Georgie sono racchiusi nei video che guarda di continuo, e proprio la perdita del telefono segna il definitivo e inevitabile distacco; l’onnipresente maglietta dei West Ham segna il passaggio di consegne fra padre e figlia, mentre l’inizio della nuova vita passa per una nuova ritinteggiatura della casa. Scrapper finisce così per imporsi non per l’originalità del dramma, ma per il modo dolce e ottimistico con cui guarda a un genere caro al cinema inglese, trovando anche nella periferia inglese un barlume di bellezza.
Roberto Manassero, www.mymovies.it
Dopo aver girato in esterni per sei settimane nell’estate del 2021, Regan e il suo affiatato team, tra cui l’amica di scuola Elena Muntoni come scenografa e l’amica Molly Manning Walker come direttrice della fotografia, hanno creato un dramma socio-realista atipicamente divertente e venato di fantasy, di vera qualità. Alla domanda sull’influenza di altri film a tema genitori-figli, ammette di amare Paper Moon (1973) e in particolare Paris, Texas (1984) di Wim Wenders. Menziona anche Aftersun (2022) di Charlotte Wells: “È ancora uno dei miei rapporti padre-figlia preferiti.” Scherza: “È strano che ci siano così tante Charlotte con problemi con il padre”.
Lou Thomas, www.bfi.org.uk