THE QUIET GIRL
Lunedì 31 luglio, ore 21.30
Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)
In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.
Recensione
Irlanda. Cáit è una bambina di nove anni che cresce in una famiglia di contadini impoveriti. Taciturna e trasandata, è malvista dalle sorelle, dal padre disattento e dalla madre che si occupa del fratellino e di un nuovo bambino in arrivo. Con l’arrivo dell’estate e il termine della gravidanza della madre, Cáit viene mandata dai Kinsella, coppia senza figli che si è offerta di badare a lei. Accolta in un ambiente pulito e rassicurante, la bambina lega con Eibhlín, donna dolce e premurosa, mentre mantiene le distanze con il cupo ma gentile Seán. Con il tempo la bambina fiorisce e impara ad avere rispetto per sé stessa, trovando il modo anche di comunicare con Seán. Prima di tornare a casa conoscerà il segreto dei Kinsella e stringerà un legame ancora più forte con le uniche persone che hanno saputo amarla.
Il film è l’adattamento di “Foster”, un racconto breve della scrittrice Claire Keegan, pubblicato nel 2009 sul New Yorker e diventato in seguito un romanzo, qui adattato alla cultura e alla società dell’Irlanda del passato, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta.
The Quiet Girl è la storia di più incontri: della piccola Cáit con la donna che un giorno sarà, libera, bella, curiosa, anche velocissima nella corsa; della bambina con la madre che non ha mai avuto, la dolce Eibhlín, non più giovane, con un velo di tristezza negli occhi ma ancora pronta a concedere amore, e anche con il padre che la vita non le ha concesso, un uomo onesto come Seán, che dietro i modi spicci del contadino nasconde l’animo di chi sa cosa significhi prendersi cura di una persona, allevarla, guidarla, anche riprenderla.
Peccato che per apprezzarne la sottile costruzione narrativa del film, che comincia come il classico racconto drammatico sull’infanzia infelice di un’eroina degna di Dickens per poi virare in realtà su un racconto di formazione che non scade nel coming of age adolescenziale, bisogna superare l’ostacolo di una messinscena stucchevole, con cui il regista Colm Bairéad e del direttore della fotografia Kate McCullough hanno adattato le parole del racconto di partenza.
Se da un lato il film riesce per una volta a fuggire i cliché estetici legati alla rappresentazione del paesaggio irlandese, dall’altro si adagia su un uso altrettanto scontato e pigro di immagini freddamente composte, a cui la fotografia digitale dà un tono fasullo, tra riprese in controluce, sequenze in slow motion e un uso lezioso di particolari (i vestiti indossati da Cáit, l’attenzione per gli specchi d’acqua, i possibili pericoli del lavoro nella fattoria) dietro i quali si cela la svolta narrativa del finale.
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