THE SEED OF THE SACRED FIG
(Iran, Germania, Francia / 2024 / Drammatico / 168')
17, 18, 19, 20 marzo
Premio Speciale della Giuria e Premio Fipresci Festival di Cannes 2024
Amin ha finalmente ottenuto, dopo due decenni di lavoro, la promozione che attendeva: è ora addetto agli interrogatori e spetta a lui rinviare dinanzi al giudice gli accusati per una condanna che poi sarà certa. Ha una moglie devota e due figlie che studiano. La maggiore ha un’amica che viene gravemente sfigurata durante una manifestazione. Come aiutarla senza farlo sapere al capo famiglia? Per di più l’arma che è stata consegnata ad Amin al momento della promozione scompare da casa e lui rischia il carcere se non la si trova.
Recensione
Già nella primissima sequenza di The Seed of the Sacred Fig Iman, il padre di famiglia che ha ricevuto una promozione ed è ora giudice istruttore presso il tribunale rivoluzionario di Tehran, mostra a letto alla consorte la pistola che gli è stata consegnata per “difendersi”. Chiunque si occupi anche in modo episodico di cinema sa bene che vige la massima secondo la quale se in un film si mostra una pistola questa prima o poi dovrà sparare, ed ecco dunque che l’incipit dell’ottavo lungometraggio di finzione diretto da Mohammad Rasoulof avvisa fin da subito gli spettatori sulle direzioni che, in un modo o nell’altro, prenderà questo teso racconto in cui il privato si fa politico, e collettivo. Il mondo fuori sta esplodendo, la ventiduenne Mahsa Amini è stata uccisa e la gioventù della capitale è in rivolta. Per quanto scelga un titolo fortemente simbolico (il riferimento è al modo in cui si spargono i semi dall’albero del Ficus religiosa, noto anche come Fico sacro) The Seed of the Sacred Fig non si muove nel campo della metafora, ma ricorrendo a una grande fiducia nel potere della narrazione costruisce un ordito ottundente, tracciando le linee di un percorso che si muove sottopelle e sotto l’occhio dello spettatore, con l’intento di rendere visibile ciò che per la produzione cinematografica iraniana non è possibile mostrare. Un sistema, sottolinea il regista, che non può mai e per nessun motivo pensarsi al di fuori da ciò che accade nel resto della nazione. “Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”, cantava Fabrizio De André, riprendendo un celebre motto sessantottino, e il discorso è valido anche oggi a Tehran. Quando oramai l’intimità della famiglia è già crepata, e dunque il sistema mostra le sue falle, Rasoulof sceglie una via a suo modo sorprendente, di fatto quasi costruendo un film nel film, molto più prossimo al concetto di “genere” di quanto sarebbe lecito attendersi. E in un film di genere, e si torna all’apertura di questa recensione, non può quasi mai mancare una pistola.
Potentissimo j’accuse contro la connivenza con il sistema, e racconto di come ciò che permea una nazione finisca per entrare progressivamente nelle menti dei suoi cittadini fino a riconfigurarne persino i limiti morali ed etici, The Seed of the Sacred Fig è un lavoro denso, coraggioso, che ha voglia di apparire a suo modo eretico rispetto alla prammatica di buona parte della produzione iraniana. The Seed of the Sacred Fig è l’ultimo film girato in Iran da Mohammad Rasoulof prima della sua avventurosa fuga all’estero a seguito dell’ennesima condanna ricevuta dal Tribunale Rivoluzionario. E proprio dei famigerati tribunali e delle proteste nei confronti del potere centrale di Tehran si occupa questo teso dramma politico, che fa esplodere nelle mura domestiche le contraddizioni e i conflitti della società.
Raffaele Meale, www.quinlan.it