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THE SUBSTANCE

un film di Coralie Fargeat
(Horror, Drammatico / Gran Bretagna, U.S.A. / 2024 / 140')

Venerdì 21 marzo – ore 20.30*
*proiezione in lingua originale con sottotitoli in italiano

Elisabeth Sparkle, attrice in declino, viene licenzia dal suo spettacolo di aerobica. Ben presto si inietta un misterioso siero che promette una versione più giovane e migliore di se stessa, ma le cose prendono presto una piega inaspettata.

INTERFERENZE – corpi °° sogni °° identità

Recensione

The Substance è un film dirompente, premiato al Festival di Cannes 2024 per la Migliore Sceneggiatura.
Il film appartiene al body horror, un sottogenere cinematografico dell’horror in cui i sentimenti di orrore nello spettatore vengono creati attraverso la rappresentazione di deformità fisiche, talvolta combinate con elementi propri dell’horror psicologico, per cui la deformità del corpo si accompagna alla degenerazione mentale dell’individuo. Coralie Fargeat maneggia con grande sapienza tale definizione dal punto di vista estetico ed etico: il corpo (delle donne) è il centro nevralgico del suo discorso. The Substance racconta, con diversi livelli di lettura stratificati, l’ossessione per il tempo che passa e per la bellezza che sfiorisce da parte del sistema hollywoodiano – e della società tutta – impregnato di maschilismo. Il mercato del lavoro nel mondo dello spettacolo – e non solo quello – fonda il proprio successo economico sulla vendita di un corpo che diventa prodotto, un corpo senza difetti o, meglio, senza segni dell’età considerati difetti, un corpo che va curato maniacalmente, aprendo così ai mercati collaterali di cosmetici, creme, chirurgia estetica.
Questo corpo, però, è sempre femminile. Il consumatore finale, l’oggetto del mercato, sono le donne, mentre il soggetto che muove il business e che agisce per promuovere, vendere e “possedere” quella immagine, sono gli uomini: quando quel corpo esaurisce la funzione che altri gli hanno attribuito il sistema lo mette da parte, escludendolo a prescindere dal valore di merito intrinseco, dall’esperienza o dalla professionalità. Quel corpo diventa inutile.

Alla base della riuscita di The Substance c’è una conoscenza magistrale della materia da parte della regista, che le permette di giocare con il genere horror attraverso l’utilizzo di registri variegati, tragico, splatter, grottesco e ironico. L’impianto sonoro e le musiche del compositore britannico Raffertie, oltre agli strabilianti effetti speciali di Pierre-Olivier Persin, accompagnano il racconto, esaltandolo o deformandolo a seconda del momento.

Nel film sono disseminati diversi omaggi. The Substance si ispira a molti grandi registi. Dal corridoio rosso sangue, angusto e geometrico di Shining di Stanley Kubrick, da cui prende in prestito anche la rappresentazione di una vecchiaia orripilante, al parassita che buca la schiena della vittima in Alien: Convenant di Ridley Scott, ai primi piani delle labbra di Sue che ricordano le inquadrature degli schermi televisivi ammalianti di Videodrome di David Cronenberg, fino alle atmosfere surreali di David Lynch in Strade perdute e in The Elephant Man, sulla cui figura tragica di John Merrick la regista Coralie Fargeat ha costruito il personaggio di Elisabeth al suo ultimo stadio. Si potrebbe continuare ancora con La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock nella rincorsa maldestra verso un ideale impossibile, o con Il cigno nero di Darren Aronofsky nel senso del ridicolo che si cela dietro l’impulso al perfezionismo. Le citazioni in The Substance non ostentano manierismo, ma rivendicano piuttosto la necessità di fondamenta solide su cui Fargeat costruisce la sua casa.

The Substance è un film femminista, di un tipo di femminismo nero, che non vuole essere accomodante, che non chiede il permesso, che pasolinianamente scandalizza per smuovere le coscienze, un film che mentre induce a chiudere gli occhi per il disgusto chiede di aprirli su ciò che accade fuori dalla sala, per non distogliere più lo sguardo dalle storture di un sistema che consuma la donna come qualunque altra merce.

Giulia Berilio, cinefacts.it