TUTTI PAZZI A TEL AVIV
19, 20, 21 novembre
Salam è un trentenne che vive a Gerusalemme e lavora a Ramallah. È stato assunto da poco da uno zio come stagista sul set di una famosa soap opera palestinese, Tel Aviv on Fire. Ogni giorno, per raggiungere lo studio televisivo, deve passare dal rigido checkpoint israeliano, sorvegliato dalla squadra di militari del comandante Assi. Poiché la moglie di Assi è una grande fan della serie televisiva, e Salam si è spacciato per sceneggiatore, Assi esige di farsi coinvolgere personalmente nella stesura della storia. In un primo tempo, la carriera di Salam ne beneficia, al punto che viene realmente assunto per scrivere il seguito, peccato, però, che l’ufficiale israeliano e i finanziatori arabi non intendano il finale nello stesso modo.
Scheda tecnica
Titolo Originale
Tel Aviv on Fire
Regia
Sameh Zoabi
Paese, anno
Francia, Israele, Lussemburgo, Belgio,2018
Genere
Commedia
Durata
97’
Sceneggiatura
Dan Kleinman, Sameh Zoabi
Fotografia
Laurent Brunet
Colonna sonora
André Dziezuk
Montaggio
Catherine Schwartz
Interpreti
Kais Nashif, Lubna Azabal, Yaniv Biton, Maisa Abd Elhadi, Nadim Sawalha
Recensione
Una soap opera su Israele e Palestina
Si può ridere su un conflitto che ormai da decenni lacera dall’interno un popolo e al contempo fare satira sui meccanismi alla base degli show televisivi di massa? La risposta è sì, e ce lo dimostra Sameh Zoabi con il suo esilarante e corrosivo Tutti Pazzi a Tel Aviv, fra le sorprese più gradite di quest’edizione della Mostra. Una soap opera dozzinale, ma di clamoroso successo popolare, diventa sublime metafora delle fasulle barriere mentali che separano le due fazioni di uno stesso popolo e fulcro narrativo di spassose e ficcanti gag sui meccanismi alla base degli show popolari, da sempre condizionati più da esigenze di cassetta e dal caso che da vere e proprie scelte artistiche. Fra tragicomica riflessione sociale e metatelevisione comica alla Boris, Sameh Zoabi usa l’umorismo grottesco e la più ingenua leggerezza per mettere alla berlina l’insensatezza del conflitto arabo-israeliano, puntando il dito sui rispettivi stereotipi e soprattutto sulle tante convergenze che avvicinano le due fazioni, come la comune passione per uno sgangherato show televisivo. Il cineasta palestinese sa però lavorare anche di fino, utilizzando un posto di blocco, ovvero il più artificioso e rigido confine costruito dall’uomo, come paradossale luogo di incontro e di dialogo fra le parti, lasciando invece alle immagini della ridicola soap opera Tutti Pazzi a Tel Aviv, ovvero l’elogio della frivolezza, il compito di amplificare la situazione reale, scimmiottando fra l’altro classici hollywoodiani come Casablanca.Il risultato è una commedia ingegnosa ed estremamente godibile, che riesce nell’impresa di fare riflettere su una difficile realtà con il sorriso sulle labbra, senza mai diventare una superficiale farsa ed evitando ridondanze e momenti morti. Un umorismo travolgente ed elegante, che utilizza una vicenda insignificante come la decisione su quale piega fare prendere a un programma televisivo come crocevia di storie e sfumature sociali, mostrando come i più alti muri e le più minacciose barriere del mondo siano sempre quelli mentali, costruite su differenze inesistenti e assurde ostilità. Tutti Pazzi a Tel Aviv nobilita dunque un’edizione della Mostra che ha più volte trovato nel genere la strada per raccontare abilmente il mondo che ci circonda e le sue sfumature più drammatiche, grazie a una sceneggiatura brillante e curata nei minimi dettagli, ad attori sempre in parte e dai perfetti tempi comici e alla solida regia di Sameh Zoabi, che svaria con invidiabile disinvoltura dalle posticce atmosfere dello show a quelle più realistiche in cui si muovono i protagonisti. Una commedia di grande intelligenza cinematografica, che ci ricorda una volta di più che gli sceneggiatori della nostra vita e del mondo che ci circonda siamo noi stessi, e che possiamo ogni giorno decidere la piega giusta da dare alla nostra storia.
Marco Paiano cinematographe.it