UN VALZER TRA GLI SCAFFALI
30 aprile, 01, 02 maggio
Dopo aver perso il lavoro da muratore, Christian inizia a lavorare come magazziniere in un supermercato.
È l’incontro con un mondo nuovo e sconosciuto: i lunghi corridoi, il trambusto alle casse, i carrelli elevatori, l’amicizia con i nuovi colleghi e, forse, la scoperta di un nuovo amore…
Scheda tecnica
Titolo Originale
In der Gängen
Regia
Thomas Stuber
Paese, anno
Germania,2018
Genere
Commedia, Drammatico
Durata
125'
Sceneggiatura
Thomas Stuber, Clemens Meyer
Fotografia
Peter Matjasko
Colonna sonora
-
Montaggio
Kaya Inan
Interpreti
Sandra Hüller, Ramona Kunze-Libnow, Peter Kurth, Henning Peker, Franz Rogowski, Clemens Meyer
Recensione
Al cinema, talvolta la poesia può dischiudersi o sgorgare da angoli inaspettati, quali l’angolo dei dolciumi o il reparto delle bibite gassate di un supermarket. Il valzer tra gli scaffali – Sul Bel Danubio Blu di Strauss – lo balla infatti il carrello elevatore – muletto, per gli addetti ai lavori — di cui il protagonista si serve per spostare le merci da una corsia all’altra del supermercato dove è impiegato. Tratto da un racconto di Clemens Meyer (incluso nella raccolta Die Nacht, die Lichter del 2008, inedita in Italia) e portato sul grande schermo dal regista tedesco Thomas Stuber, In der Gängen – questo il titolo originale — ha suscitato l’emozione di pubblico e critica alla scorsa edizione della Berlinale, aggiudicandosi il Premio della Giuria Ecumenica e il premio Guild delle Giurie Indipendenti.
Per via della sottotrama amorosa (appena accennata, invero) il film è uscito in Italia nella settimana di San Valentino, sebbene l’intera vicenda si svolga all’interno di un supermercato. Con un tocco di magico realismo, il cineasta tedesco Thomas Stuber trasforma così un grigio ambiente di lavoro in un teatro animato da uno spaccato umano variegato, dove timidi, depressi e disadattati dimenticano, nello spazio di una giornata di lavoro, le loro solitudini.
Ma un Valzer tra gli scaffali (un plauso va ai traduttori che per una volta non hanno ceduto alle facili lusinghe di un titolo pop) è anche un film sulla DDR nel passaggio dal socialismo al capitalismo, tema bensì pregnante, ma solo pudicamente accennato, quasi avvolto da un sentimento nostalgico. Il tutto è trattato con rara delicatezza e sensibilità, attraverso un’allure che pervade l’intero film, con dialoghi ridotti all’essenziale e dove, a ben vedere, poco o nulla succede (dissentiamo da certa critica che, nello sforzo di trovargli un messaggio, si è alambiccata in fantasiose ricostruzioni à la Ken Loach).
Ad uno sguardo superficiale, la regia di Stuber parrebbe invisibile e invece è dappertutto: nei chiaroscuri, nella scelta delle musiche, nei primi piani – con nuances che un po’ rimandano al cinema di Aki Kaurismäki. E che dire dei protagonisti? Il loro duo pare quasi evocare quello indimenticabile interpretato da Chaplin e Paulette Goddard in Tempi moderni, in una versione certamente più disincantata, ma nondimeno poetica.
Giulia Dal Santo