UNA MAMMA CONTRO BUSH
Lunedì 3 luglio, ore 21.30
Anfiteatro di Palazzo Toaldi Capra
via Pasubio, 52 – Schio (VI)
In caso di maltempo gli spettacoli saranno annullati.
Recensione
Rabiye Kurnaz è una signora tedesca di origini turche dalla vita tanto normale quanto frenetica: vive in una casetta a schiera di Brema, si occupa dei figli, è la vera anima della sua famiglia. Contro ogni previsione, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 suo figlio Murat viene accusato di terrorismo ed è uno tra i primi a essere spedito nel campo di prigionia di Guantanamo. Per Rabiye è l’inizio di una battaglia che dal suo mondo la porterà a sfidare i potenti del mondo. La sua audacia e la sua parlantina convinceranno un po’ alla volta tutti quelli attorno a lei, a cominciare dall’avvocato per i diritti umani Bernhard Docke, che la aiuterà a portare il suo caso fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
La forza del film sta nella sua interprete, Meltem Kaptan, comica, conduttrice, autrice, vera e propria mattatrice: la sua figura apparentemente anonima genera un corto circuito tra realtà e finzione, performance e documento storico.
Diretto da Andreas Dresen, regista da sempre in equilibrio tra cinema d’autore e produzione commerciale, abile proprio nel gestire con la finzione eventi presi dalla vita vera (non si dimentica il suo Stopped on Track, resoconto in forma di diario filmato del decorso di un cancro al cervello), Una mamma contro G.W. Bush è un tipico esempio di cinema giudiziario, ricostruzione di un caso di cronaca come se ne vedono continuamente nel cinema americano.
Del genere possiede le premesse, la volontà cioè di mettere in scena fatti giudiziari documentati, e al tempo stesso ne rivede la forma, grazie alla prova della stessa Kaptan (premiata a Berlino con l’Orso per la Miglior Interpretazione) e alla forza insospettata – e furbamente innescata – di una donna la cui tenacia nasce dall’amore e travolge il mondo paludato in cui si muove (la cosa più divertente del film sono i duetti con l’austero Docke, che si scioglie col passare della vicenda).
La prova dell’attrice, a metà tra performance da stand-up, imitazione e appropriazione, finisce per mangiarsi tutto il film, sospeso per questo tra un andamento piatta da cronaca didascalica, commedia dei caratteri e dei costumi e riflessione sul rapporto fra individuo (donna, in particolare) e potere nella società mediatica contemporanea.
Rabiye Kurnaz vince – a prescindere dal risultato della sua battaglia – perché riesce a diventare personaggio in un mondo che nemmeno che la considererebbe come interlocutrice; impone la sua normalità e la sua fisicità prorompente come elementi disturbanti, distruttivi, affrontando i potenti con la sua ingenuità e ingegnosità. Non solo: la stessa Kaptan, forte della fama in patria, trasforma il dramma giudiziario in una commedia, sfidando la storia sul piano dello sberleffo e giocando con le attese dello spettatore che ne conosce la comicità.
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