UNDER THE SILVER LAKE
23, 24, 25 aprile 2018
Sam è una delle tante anime perse di Los Angeles: non ha un lavoro, non ha un quattrino, sta per essere sfrattato dal suo appartamento e passa il tempo a fare sesso distratto con un’aspirante attrice che si presenta a casa sua abbigliata come i ruoli che interpreta. L’altro suo passatempo è spiare dal balcone le vicine con il cannocchiale: è così che intercetta lo sguardo di Sarah, una bella ragazza bionda che scompare improvvisamente. Messosi alla ricerca della ragazza, Sam scoprirà molti altri misteri metropolitani accompagnato da un autore di graphic novel che sembra saperne molto più di lui…
Scheda tecnica
Titolo Originale
Under The Silver Lake
Regia
David Robert Mitchell
Paese, anno
U.S.A.,2018
Genere
Noir
Durata
139'
Sceneggiatura
David Robert Mitchell
Fotografia
Mike Gioulakis
Colonna sonora
Rich Vreeland
Montaggio
Julio Perez IV
Interpreti
Andrew Garfield, Riley Keough, Topher Grace, Callie Hernandez, Don McManus
Recensione
Una detective story in cui l’unico ordine possibile da dare alla realtà è quello del vuoto, dell’assenza di senso: Mitchell è perfettamente consapevole di chiedere allo spettatore di seguirlo in un cammino incerto, all’apparenza sconclusionato e dai toni stranianti, tanto nella risata quanto nella tensione.
Under the Silver Lake conferma il talento del regista, anzi ce lo rivela moltiplicato, in un racconto che abbandona i necessari minimalismi del precedente It follows e si fa dilatato affresco di una Los Angeles sede di ogni passione, perversione e follia, una città del sole piena di cunicoli e sotterranei, di misteri e segreti catacombali e tombali. Protagonista infatti non è Sam, ma la Città degli Angeli, non tanto nella sua realtà quanto nell’immaginario collettivo, e in quello specificatamente cinefilo.
Raccontando di un giovane uomo senza lavoro né voglia di trovarlo, che osserva il mondo dalla sua camera in uno di quei building di L.A. con annessa piscina nel cortile e spia le sue vicine masturbandosi, Mitchell mette in scena un film labirintico che non va da nessuna parte anche se tenta di andare dappertutto. Ed è pieno di immense suggestioni.
Under the Silver Lake è una continua citazione, da Hitchcock (di cui si vede anche la tomba) a Lynch, passando per Carpenter, De Palma e Polanski. Al centro ideologico della trama c’è l’ossessione americana per i messaggi subliminali contenuti nella comunicazione mediatica: quella pubblicitaria, ma anche quella giornalistica, cinematografica e soprattutto musicale. Del resto sono le musiche a costituire il fil rouge più interessante di questo racconto bulimico e strampalato: l’autore della colonna sonora, il trentenne Richard Vreeland, meglio noto nel mondo musicale come Disasterpeace, ha messo insieme canzoni “vecchio stile” (laddove vengono descritti come “datati” i Nirvana e i Cornershop) e spezzoni di hit contemporanee “campionati” dalle auto di passaggio, mescolandoli a una colonna sonora “originale” che cita ampiamente (e sapientemente) il cinema del passato, in particolare quello hitchcockiano.
Il film è un po’ la versione contemporanea, dunque per forza di cose pop, del romanzo picaresco, filtrato da un alone onirico che stordisce ma al tempo stesso risulta accattivante. Cos’è infatti quest’ultimo lavoro di Mitchell se non un lungo sogno, perciò frammentato, goffo, inevitabilmente incoerente in alcune sue parti? Eppure quanto amore, quanto cinema! Il regista di It Follows gira in pratica la sua Grande Bellezza, ambientandolo nella Città degli Angeli, di cui, appunto, ci offre una visione parziale, densa ma non esaustiva, ma di una libertà alla quale è difficile non perdonare le sue tante stravaganze.
Opera torrenziale, dalla cui visione se ne esce ubriacati, contrassegnata da grandi intuizioni e qualche piccola caduta, quantunque il bilancio generale ha da essere positivo, perché di opere così ordinate nel loro caos se ne vorrebbero di più. Under the Silver Lake, infatti, non è un film scomposto, ma procede con una placidità da art-house consumato, senza colpi di testa estemporanei. A stupire è la carica visionaria, la continua invenzione e reinvenzione della messinscena, la folgorante bellezza. Imperfetto, confuso e delirante, ma con dentro una tale profusione di talento che ci si passa sopra, anche ai suoi difetti.
Fonti
Mymovies.it
Nuovo Cinema Locatelli
Cinematografo.it
Cineblog.it