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VISAGES VILLAGES

un film di JR e A. Varda

03, 04, 05 aprile 2018

La regista Agnès Varda e il fotografo JR decidono di intraprendere un viaggio attraverso la campagna francese a bordo del furgoncino, che è anche studio itinerante, di JR. Il loro scopo? 
Conoscere nuove persone, far loro dei ritratti fotografici e poi affiggerli in grande formato nei rispettivi luoghi d’origine. Lungo il viaggio, 
i due si imbatteranno in una variopinta comunità di genti diverse…

Scheda tecnica

  • Titolo Originale

    Visages, Villages

  • Regia

    JR, Agnés Varda

  • Paese, anno

    Francia,2017

  • Genere

    Documentario

  • Durata

    90'

  • Sceneggiatura

    -

  • Fotografia

    Roberto De Angelis, Claire Duguet, Julia Fabry, Nicolas Guicheteau, Romain Le Bonniec, Raphaël Minnesota, Valentin Vignet

  • Colonna sonora

    Matthieu Chedid

  • Montaggio

  • Interpreti

    -

Recensione

C’è una grazia speciale, un miracolo in Agnès Varda. Nata il 30 maggio del 1928 a Ixelles (Belgio), la regista ha in verità molte vite. Forse non proprio sette come quelle dei gatti che Agnès tanto ama e che spesso hanno un ruolo nei suoi film, ma tre vite, sì.

 

Nella prima, dal 1948 al 1960, Agnès Varda fa la fotografa e documenta, tra l’altro, il Festival di Avignone e gli spettacoli del Thèâtre national populaire, diretto all’epoca da Jean Vilar.

 

Nella seconda, diventa regista e il suo sguardo si distingue ben presto come uno tra i più freschi e originali del cinema francese. 

Esordisce nel 1954 con il suo primo lungometraggio, “La  pointe courte”, dirigendo Philippe Noiret. Il film, con il suo budget ridotto, la sua libertà, il suo modo di mescolare finzione e taglio documentaristico — aspetti del cinema dai quali Varda non si separerà mai più — è considerato un precursore della Nouvelle Vague e Agnès, in qualche modo, come fu Patti Smith per il punk, diverrà la madrina di quel manifesto cinematografico. Con la particolarità che Agnès Varda si manterrà sempre, pur con tutti gli inconvenienti, fieramente indipendente.

Sul versante narrativo, ricordiamo i film “Cleo dalle 5 alle 7”, “Le bonjour” (da noi tradotto con “Il verde prato dell’amore”), “Les créatures”, “L’une chante, l’autre pas”, e “Sans toit ni loi” (“Senza tetto né legge”) che le varrà il Leone d’Oro al Festival di Venezia nel 1985, con la straordinaria interpretazione di Sandrine Bonnaire. O, ancora, “Jacquot de Nantes”, commovente omaggio all’infanzia dell’indimenticabile regista Jacques Demy, suo compagno di vita per 35 anni.

 

Sul versante documentaristico, una quantità di altri film piccoli e grandi come “Lontano dal Vietnam”, “Black Panters”, “Réponse de femmes: Notre corps, notre sexe” tra il 1967 e il 1975; “Daguerréotypes”, ricostruzione delle curiose vicende che interessarono la Rue Daguerre, dove Agnès risiede, nel XIV arrondissement parigino, più noto come Montparnasse; o “Murs, murs”, splendido omaggio ai murales messicani disseminati nella città di Los Angeles; o, ancora, l’autobiografico “Les Plages d’Agnès”, fino all’ultimo “Visages, villages”, realizzato a quattro mani con l’artista JR.

 

Ed ecco che, ormai da una quindicina d’anni, spunta anche la terza vita di Agnès Varda: quando, nel 2003, il curatore Hans-Ulrich Obrist la invita a montare una installazione per la Biennale di Venezia, lei si inventa Patatutopia, iniziando così una nuova vita nel campo delle arti plastiche.

 

Come già nel dittico “Kung-Fu Master” e “Jane B. par Agnès V.”, lungometraggi che la Varda ha realizzato con Jane Birkin — ispirato a un racconto scritto dalla stessa Birkin, il primo; un ritratto privato della cantante, originalissimo dal punto di vista visivo, il secondo; — il discrimen tra fiction e documentario è, in lei, volutamente non mai del tutto chiarito.

L’insieme dei suoi film potrebbe così intitolarsi come quello realizzato dalla regista nel 1982: “Documenteur”. Un lavoro molto personale, quasi un diario intimo che ritrae differenti momenti della sua vita, ma che, al contempo, è anche un’opera profondamente aperta verso gli altri, specie verso chi, per scelta, ha deciso di vivere ai margini.

 

L’importanza degli altri è centrale anche in “Visages, villages”: «Abbiamo creduto nel caso, e nella fortuna degli incontri» — ha ricordato Agnès Varda in occasione dell’uscita del film — «forse è vero che le cose vanno male, ma finché possiamo ancora condividere qualche momento eccezionale in compagnia degli altri, allora questo ci riconcilia un poco con la vita.».

 

Giulia Dal Santo

Agnès Varda

Regista, sceneggiatrice e fotografa belga.

Nata in Belgio da padre greco e madre francese, si trasferisce con la famiglia a Sète e successivamente a Parigi dove lavora come fotografa al Théâtre national populaire. 

 

Nel 1954, con mezzi modesti, gira La pointe courte, considerato il film precursore del movimento della Nouvelle Vague. 

Seguono poi “Cleo dalle 5 alle 7”, “Le bonjour”, “Les créatures”, “L’une chante, l’autre pas”, e “Sans toit ni loi” che le varrà il Leone d’Oro al Festival di Venezia nel 1985; tra il 1987 e il 1988 realizza in collaborazione con Jane Birkin “Kung-Fu Master” e “Jane B. par Agnès V.”; sul versante documentaristico: “Lontano dal Vietnam”, “Black Panters”, “Réponse de femmes: Notre corps, notre sexe” tra il 1967 e il 1975; “Daguerréotypes” (1976); “Murs, murs” (1981); gli autobiografici “Les Plages d’Agnès” (2008) e Agnès de ci de là Varda (2011), fino all’ultimo “Visages, villages”, realizzato con l’artista JR.